Ginevra , lunedì, 19. ottobre, 2020 16:00 (ACI Stampa).
Non è cominciato con Papa Francesco, l’impegno della Chiesa sulle migrazioni, ma Papa Francesco ha voluto dare al tema una enfasi particolare, arrivando persino a mettersi a capo di una sezione su Migranti e Rifugiati all’interno del dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. E, tra le realtà della Chiesa quasi sconosciute che hanno una storia e un peso, c’è la International Catholic Migration Commission. Ed è anche a questa commissione che parla la Fratelli Tutti, spiega monsignor Robert Vitillo, segretario generale dell’ICMC.
Stabilita da Pio XII nel 1951, la commissione è una federazione composta dagli uffici delle migrazioni delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo. Al momento, l’ICMC lavora in più di 40 nazioni nel mondo, dove impiega staff e sviluppa programmi, portando avanti le sue attività di rete con le Conferenze Episcopali.
L’ICMC lavora in molti campi diversi: fa operazioni umanitarie dirette, gestisce un centro per il reinsediamento in Turchia e in Libano, fornisce esperti per la protezione dei migranti all’UNHCR distribuiti in 30 nazioni. Ci sono centinaia di rifugiati migranti che hanno beneficiato del supporto dell’ICMC negli ultimi 70 anni.
“La pandemia del COVID 19 – spiega monsignor Vitillo – ha messo in luce le tendenze di chiuderci in noi stessi o di aggrapparci ad ideologie nazionaliste come soluzioni ci portano solamente a più grande divisione e violenza”.
Secondo il segretario generale dell’ICMC, “una delle caratteristiche più impressionanti della nuova enciclica è la denuncia, da parte di Papa Francesco, dei muri e barriere fisici, ideologici, emozionali e intellettuali che molti di noi mettono su per evitare significativi incontri con gli altri”.