I lavori che si erano aperti l’8 dicembre del 1869, continuarono in qualche modo, ma il 20 settembre entrano a Roma le truppe piemontesi. Pio IX il 20 ottobre scrive la Lettera Apostolica in forma di motu proprio Postquam Dei munere, con la quale rimanda i lavori del Concilio sine die.
Non è un testo facile da trovare on line, nè in latino e tanto meno in italiano. Se ne trova una edizione francese. Sembra quasi che lo si voglia dimenticare.
Invece è un testo potente anche se giuridico. Il Papa parla di una “sacrilega e repentina invasione” della Città, proprio mentre il Concilio stava lavorando per il bene della Chiesa ma anche della “società umana”. Uno stato delle cose “luttuoso” che non permette ai Padri un lavoro in libertà perché, scrive il Papa, “poiché ci è impedito in molti modi l’uso libero e completo della suprema autorità donataci da Dio”.
Pio IX è però il Vicario di Cristo e invece di lanciare scomuniche rinnova la indulgenza in forma di giubileo per chi prega per il Concilio. Che sarà ripreso solo quando la Sede Apostolica lo deciderà.
Dei 50 schemi preparati dalle commissioni preparatorie e di quello aggiunto in corso d’opera sull’infallibilità ne vengono approvati solo due: Pastor Aeternus e Dei Filius. Un lavoro sui temi sociali sarà ripreso dal Leone XIII nella Rerum Novarum, molti temi saranno riproposti nel Vaticano II. Secondo perché Giovanni XXIII chiuse formalmente il primo.
Ecco una libera traduzione del testo integrale. Sarà utile rileggere le parole del Papa e cosa davvero aveva provocato la presa di Roma proprio nel momento del Concilio ecumenico, la massima Assise della chiesa cattolica.
Dopo che per un dono di Dio abbiamo potuto iniziare la celebrazione del Concilio ecumenico vaticano lo scorso anno, abbiamo visto grazie alla sapienza, la virtù e la sollecitudine dei padri, che erano venuti numerosi da ogni parte della terra, questa opera importante e santa procedere così bene, che ci illuminava una speranza certa di vederne uscire felicemente quei frutti che desideravamo con forza, per il bene della religione e della Chiesa di Dio e per l’utilità dell’umana società.
Si erano già tenute quattro sessioni pubbliche e solenni, e avevamo pubblicato e promulgato alcune costituzioni salutari e opportune per la causa della fede, approvate dal sacro Concilio, mentre altre questioni sulla fede e sulla disciplina della Chiesa erano state rinviate all’esame dei padri per poter presto essere approvate e promulgate dalla suprema autorità della Chiesa docente.
Confidavamo che questi lavori potessero avere dei progressi attraverso l’impegno e lo zelo comune e fraterno, e che potessero essere condotti al risultato desiderato attraverso una strada facile e prospera.
Ma la sacrilega e repentina invasione di questa nobile città, Nostra Sede, e delle restanti regioni sotto il nostro potere temporale, questa invasione che, in disprezzo di ogni giustizia, ha violato con una perfidia e una audacia incredibili i diritti imprescrittibili del Nostro principato civile e della Sede Apostolica, ci ha gettati in quello stato di cose per cui siamo stati posti totalmente sotto una ostile dominazione e potere, cosa che Dio ha permesso per i suoi imperscrutabili giudizi.
In questo luttuoso stato delle cose, poiché ci è impedito in molti modi l’uso libero e completo della suprema autorità donataci da Dio, e poiché abbiamo ben compreso che i Padri del Concilio vaticano non avrebbero minimamente in questa nobile città, per il tempo che perdurerà questa situazione, la libertà, la sicurezza, e tranquillità necessarie per trattare convenientemente le questioni della Chiesa con Noi; e allorché inoltre nel mezzo di grandi calamità e degli avvenimenti che agitano l’Europa e sono bene noti, le necessità dei fedeli non permettono che un così grande numero di pastori siano assenti dalle loro chiese;
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Per questi motivi Noi che vediamo con grande afflizione del nostro cuore la impossibilità per il concilio Vaticano di seguire il suo corso in tali circostanze, abbiamo, di nostra propria iniziativa, dopo matura riflessione, deciso di sospendere la celebrazione di detto Concilio ecumenico Vaticano fino ad un’epoca più opportuna e più conveniente da definire da questa Santa Sede.
E questa sospensione noi la pronunciamo grazie alla nostra autorità apostolica per il tenore della presente e l’annunciamo pregando Dio fondatore e vendicatore della sua chiesa di allontanare infine tutti questi ostacoli e rendere presto alla sua sposa fedelissima la libertà e la pace.
E perchè più sono numerosi e gravi i pericoli e i mali che affliggono la Chiesa, più bisogna raddoppiare le preghiere e implorare notte e giorno Dio Padre di Nostro Signore Gesù Cristo, Padre di misericordia e Dio di tutte le consolazioni, Noi vogliamo e ordiniamo che le disposizioni della nostra Lettera Apostolica dell’ 11 aprile dello scorso anno (1869) con la quale abbiamo accordato a tutti i fedeli una indulgenza plenaria in forma di giubileo in occasione del Concilio ecumenico, restino in vigore secondo i modi prescritti dalla Lettere stessa, come se la celebrazione del Concilio fosse ancora in corso.
Questo noi decidiamo, proclamiamo, vogliamo e ordiniamo nonostante qualsiasi obiezione contraria, che sia vuoto e nullo tutto ciò che sarà fatto da chiunque e con qualsiasi autorità sia consapevolmente che per ignoranza.
Che non sia quindi permesso ad alcuno di infrangere il nostro mandato e il nostro decreto della sospensione, proclamazione e volontà, né di opporvisi con temeraria audacia.
Se qualcuno lo osasse sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio Onnipotente e dei Beati Apostoli Pietro e Paolo.