Ma non è questo il solo problema. C’è il fatto che “la libertà religiosa è sempre stata storicamente chiamata negli Stati Uniti la prima libertà, e non perché è il primo diritto della Costituzione. Sì, vero, è il primo diritto, ma lo è per un accidente della storia…. Il fatto è che era necessario definirlo perché il primo pensiero americano è la concentrazione dei poteri, e per questo vogliono tenere lo Stato rigorosamente separato dalla religione, perché temono che la religione possa limitare i poteri del governo.”
Ed è proprio per questo – spiega Farr – che “il protettore della libertà non è il governo: è la società civile. Ma questo modo di pensare, molto americano, è in realtà in pericolo oggi. La libertà religiosa è considerata oggi niente più che un reclamo della religione. Passo dopo passo, non viene più considerata il fondamento della Costituzione americana.”
I cattolici in particolare vivono un momento di straordinaria difficoltà. “Ho 67 anni, sono cresciuto con la consapevolezza che la libertà religiosa era necessaria. Ma ora non è più vero. Se guardi ai cambiamenti degli ultimi anni, questa consapevolezzata è stata spazzata via.”
Per questo il professor Farr “amerebbe che il Papa dicesse che comprende quanto è importante la libertà religiosa… che è poi riprendere la posizione cattolica nella Dignitatis Humanae. È curioso come in quella costituzione conciliare del 1965 si trovi un eco delle fondamenta protestanti delle Nazioni Unite. E allora mi piacerebbe sentire il Papa dire che se la libertà religiosa è attaccata negli Stati Uniti, non è meramente un problema degli Stati Uniti, ma del mondo.”
Il punto – spiega Farr – è che “la libertà religiosa ha sempre incontrato i cittadini di questa città e li ha invitati a portare le visioni religiose nella società civile, nelle università, nell’immigrazione, persino negli affari.”
Ma questo è cambiato quando “cinque giudici non eletti della Corte Suprema a Washington hanno detto che il dibattito sul matrimonio è finito, che si deve rimanere silenti… e io non lo posso accettare. Come non potrò mai accettare nemmeno che l’aborto deve essere protetto per legge.”
Ci sono, ovviamente, dei dati positivi. Sottolinea Farr che “è ironico che negli Stati Uniti il supporto alla vita è diventato sempre più forte fintanto che la libertà religiosa si è indebolita.”
Ma poi c’è il problema del matrimonio, che “non è stato indebolito all’origine del crollo del matrimonio in questa nazionane.” Lo è invece il cosiddetto “no fault divorce.” Funziona così: “Se vuoi uscire da un matrimonio, e vai fuori di casa per sei mesi, e dopo questo periodo vai da un giudice e chiedi il ‘no fault divorce’, è chiuso. La persona abbandonata non può fare ricorso, non ha più parola, eccetto aprire una discussione su come divivdere la questione finanziaria. Ma il matrimonio non è una questione finanziaria.”
Manca una voce forte, “anche i conservatori hanno perso la capacità di difendere il matrimonio,” ed è il motivo per cui Farr si dice scontento della discussione sulla famiglia al Sinodo. “So personalmente specialmente alcune donne, ma anche uomini, che sono stati abbandonati e che vivono vite difficili, ma seguono l’insegnamento della Chiesa, perché non si sentono di essere fuori il matrimonio.”
Il punto è che è fallita la catechesi. “Oggi in questa nazione è facile essere cattolici, senza tenere in considerazione quello che fai. Puoi portare l’insegnamento cattolico dove vuoi, e nessuno ti dice niente. Ci sono politici sostengono che l’aborto debba essere legale e sicuro e poi dicono di essere cattolici, senza nessuna conseguenza. Credo sia un problema americano, ci sono pochi vescovi, e alcuni eroici preti, che sanno parlare. Ma altri hanno paura di essere condannati dalla cultura dominante. Eppure, indovina cosa? Abbiamo perso quello battaglia. Le persone non vogliono essere fedeli alla Chiesa in questa nazione.”
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