Roma , venerdì, 16. ottobre, 2020 15:00 (ACI Stampa).
L’Ottobre missionario di quest’anno, sulla scia del tema precedente ‘Battezzati e inviati’, prosegue alla luce della parola biblica tratta dalla vocazione del profeta Isaia: ‘Eccomi, manda me!’ Papa Francesco, nel suo messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale di domenica prossima, ha scritto: “Questa chiamata proviene dal cuore di Dio, dalla sua misericordia che interpella sia la Chiesa sia l’umanità nell’attuale crisi mondiale… Siamo veramente spaventati, disorientati e impauriti. Il dolore e la morte ci fanno sperimentare la nostra fragilità umana; ma nello stesso tempo ci riconosciamo tutti partecipi di un forte desiderio di vita e di liberazione dal male. In questo contesto, la chiamata alla missione, l’invito ad uscire da sé stessi per amore di Dio e del prossimo si presenta come opportunità di condivisione, di servizio, di intercessione. La missione che Dio affida a ciascuno fa passare dall’io pauroso e chiuso all’io ritrovato e rinnovato dal dono di sé”.
Partendo da questo inizio del messaggio papale ‘Eccomi, manda me’ abbiamo chiesto a Gianni Borsa, nuovo direttore responsabile del mensile della Fondazione Missio ‘Popoli e Missione’, di spiegarci il motivo per cui il cristiano è chiamato alla missione: “Estendiamo il termine ‘missione’ e parliamo di ‘evangelizzazione’, ovvero il compito, bello e intenso, irrinunciabile, del testimoniare il vangelo nella vita di ogni giorno. Questa dovrebbe essere la missione di chi ha incontrato Gesù: condividere questa gioia, farla diventare progetto di vita che dà sapore alla vita”.
In quale modo la missione è risposta alla chiamata di Dio?
“La volontà e l’impegno di raccontare a ogni giovane, donna e uomo che incontriamo nella vita la ‘buona notizia’ è, in sé, risposta alla chiamata di Dio. E’, appunto, vocazione, che il cristiano laico cerca di portare in famiglia, nel lavoro, nella società, nella cultura, nella scuola, nella politica… Non si tiene la fede in un cassetto, neppure la si relega in sacrestia. E’ anche questo il senso di una ‘Chiesa in uscita’. Naturalmente la testimonianza cristiana deve essere rispettosa di ogni persona, delle altre fedi, della cultura e della società in cui si inserisce.
Rispettosa ma tenace, una fede ‘pensosa’, che sa misurarsi con le sfide del tempo che attraversa. E la missione ‘ad gentes’ è una parte rilevante, significativa, e altrettanto necessaria dell’evangelizzazione. Si tratta di stare, con generosità e umiltà, in mezzo a popolazioni e realtà lontane e diverse dalla nostra, entrando in punta di piedi e con rispetto, coniugando promozione umana e testimonianza verace del vangelo. Ancora oggi la missione in altre parti del mondo conserva attualità ed estremo valore.