Definito come uno dei libri più cari all'anima da Francesco Flora, illustre storico ed accademico, questo raccoglie un numero non indifferente degli episodi della vita del santo.
L'autore, probabilmente, fu frate Ugolino da Montegiorgio, un francescano delle Marche ed un altro compagno di cui non si conosce il nome, che raccolsero, nella maggior ipotesi, i fatti riportati nel testo .
Non si conosce con sicurezza la data in cui fu composto il testo, che viene identificata tra il XIII ed il XIV secolo.
L'ambiente che fa da scenario ai fatti è l'Umbria e le Marche del XII secolo.
La raccolta, oltre alla vita del santo, permette al lettore di scoprire come vivevano i primi francescani.
Cinquantatré brevi racconti mostrano gli exempla dei primi compagni della vita serafica. Conosciamo i loro nomi Egidio, Bernardo, Ginepro, Silvestro, Jacopo, Leone, e molti altri che vissero la prima rivoluzione francescana nella cittadina umbra.
La loro vita doveva essere un modello di comunità evangelica, fondata sui pilastri della povertà e dell'umiltà.
Il nome scelto ovvero Frati Minori indicava questo: essere i fratelli più piccoli.
L'idea che il santo aveva della vita religiosa era molto semplice: seguire il vangelo, nella sua più fedele lettura ed i Fioretti ovvero, piccoli fiori, evidenziano ciò.
I primi, ad eccezioni di pochissimi sacerdoti, erano laici i quali vivevano un'esistenza fatta di preghiera e lavoro. La vita scelta era dura, ma piena di gioia e di felicità per l'amore che portavano al Cristo ed alle sue parole.
Il Poverello non amava interpretazioni sul vangelo, ne tanto meno sulla Regola di vita, che doveva essere vissuta senza tentennamenti. Non amò le sottigliezze e gli accomodamenti.
Non voleva che i suoi figli maneggiassero denaro. Ciò è evidenziato nelle due redazioni della Regola, ovvero quella non bollata (1221) ed in quella bollata (1223).
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I religiosi dovevano vivere in povertà, lavorando e se non avessero trovato lavoro, potevano ricorrere all'elemosina.
San Francesco lodò il lavoro, inteso come modalità di sostentamento e di far del bene. Per questo voleva i suoi figli, autonomi e pronti, nel seguire il vangelo.
Nella Vita di frate Egidio, uno dei primi compagni del santo, si legge che giunto a Roma, lavorava raccogliendo la legna, per potersi guadagnare da vivere. Preghiera, lavoro e giocondità furono le virtù care a questo figlio del Grande santo di Assisi.
I fatti, esposti nel piccolo libro, riportano i tanti episodi che mostrano la novità dell'intuizione di San Francesco nel pensare la comunità. Ciò fu innovativo in quanto il santo mise in evidenza la genuina lettura del vangelo e la gioia che investe coloro che lo vivono, mettendolo in pratica.
Francesco fu grande nel donare e nel pensare la fede.
Visse, con generosità, il quotidiano non facendo un tesoro geloso della propria scoperta, tanto da accogliere tutti coloro che gli chiedevano di viverne il carisma. Oltre i Frati ed alle Clarisse, fondate da Santa Chiara di Assisi, nacquero così i Terziari, cioè i membri laici della famiglia serafica, che vivevano una loro personale Regola, nelle condizioni ordinarie dell'esistenza.