L’approccio negativo, ha detto, “semplicemente stabilisce che non ci dovrebbe essere costrizione nella pratica della religione”. L’approccio positivo, invece, lavora per trasformare e corregere l’ida dietro l’oppressione dei fedeli, che secondo Parolin consiste nella autonomia radicale dell’uomo contemporaneo, che la Chiesa combatte mostrando “la verità finale della loro esistenza”.
In questo modo, il Cardinale Parolin ha criticato l’approccio degli Stati Uniti, e allo stesso tempo ha reso chiaro che la Santa Sede non solo è consapevole delle numerose violazioni di libertà religiosa, ma è anche in prima linea nel combatterle.
Si arrivava con queste premsse all’incontro dell’1 ottobre. Una nota della Sala Stampa della Santa Sede – non un bollettino, ma una dichiarazione del direttore ai giornalisti - ha sottolineato che “le parti hanno presentato le rispettive posizioni riguardo i rapporti con la Repubblica Popolare Cinese, in un clima di rispetto, disteso e cordiale. Si è parlato, inoltre, di alcune zone di conflitto e di crisi, particolarmente il Caucaso, il Medio Oriente e il Mediterraneo Orientale. L’incontro è durato circa 45 minuti”.
Il Cardinale Parolin incontra il presidente del CoP26
Alok Sharma, presidente della CoP26 (la 26esima conferenza sulle parti sul clima) ha incontato l’1 ottobre il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano. I due hanno parlato dell’agenda condivisa nell’affrontare il cambiamento climatico.
Il CoP26 è stato rinviato all’anno prossimo, per via dell’emergenza coronavirus.
FOCUS MULTILATERALE
La Santa Sede all’ONU di New York: come costruire un mondo migliore
Il 29 settembre, si è tenuto al Palazzo di Vetro dell’ONU l’annuale incontro di alto livello del Gruppo di Amici della Alleanza delle Civiltà delle Nazioni Unite. Il tema di quest’anno era: “Dare forma a un mondo migliore: costruire società coese ed inclusive nello stimolante ambiente post COVID”.
La Santa Sede era rappresentata dall’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore permanente presso le Nazioni Unite a New York. Questi ha ricordato che Papa Francesco sta dedicando le udienze generali del mercoledì proprio alla pandemia del COVID 19, proponendo “una risposta articolata fondata nella Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica, che si basa su principi come la solidarietà e la sussidiarietà”. Ha anche ricordato che il Papa ha manifestato a sua prossimità attraverso molte iniziative spirituali e pratiche, inclusa la Messa quotidiana in streaming.
Tra le risposte della Chiesa, anche il documento “Servire un mondo ferito nella solidarietà interreligiosa”, pubblicato dal Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligios con il Consiglio Mondiale delle Chiese.
L’arcivescovo Caccia nota che il presente “offre una occasione per impegnarsi di nuovo a resistere a questa tendenza di intolleranza religiosa attraverso uno spirito di dialogo autentico”, perché il dialogo interreligioso, per quanto sia un questione interna delle comunità religiose, è anche un dialogo di vita, di stare insieme, di lavorare insieme per promuovere il bene comune”.
Per questo, conclude l’Osservatore della Santa Sede, “dobbiamo andare oltre le dichiarazioni, per quanto articolate”, in modo da vivere come “Nazioni veramente unite, come fratelli e sorelle impegnati nello sviluppo umano integrale di tutti”.
La Santa Sede alle Nazioni Unite, l’impegno per la biodiversità
Il 30 settembre, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, è intervenuto al Summit delle Nazioni Unite sulla biodiversità. Un summit che si è tenuto virtualmente, per via dell’emergenza coronavirus.
L’arcivescovo Gallagher ha notato che “la rapida perdita di biodiversità ha molte cause, come l’espansione agricola e industriale, l’inquinamento (incluso quello della plastica marina), i test nucleari e i rifiuti non trattati”.
L’arcivescovo ha messo in luce che “la crescita della temperatura degli oceani ha un impatto devastante” su molte delle barriere coralline, mentre il consumo di carburanti fossili e la deforestazione eccessiva sono “mezzi di cambiamento climatico che portano all’estinzione delle specie”, mettendo a rischio il benessero dell’intero pianeta, dato che le specie “giocavano un ruolo importante nel mantenere l’equilibrio ecologico di molti ecosistemi e nell’affrontare la deforestazione”.
La Santa Sede ha sottolineato che la protezione di regioni ricche di biodiversità, come l’Amazzonia o il Bacino del fiume Congo, sono necessari per invertire la tendenza.
Gallagher ha spiegato che “l’impoverimento della natura che viene dalla perdita di biodiversità eccede la dimensione ambientale e porta a grande sofferenza umana, specialmente nelle regioni più povere del mondo”.
Ci vogliono, dunque, strategie più globali, secondo il principio dell’ecologia integrale delineato da Papa Francesco, che si basino sul ripensamento dei paradigmi di sviluppo, perché “uno sviluppo realmente integrale, che complementa la promozione del bene comune con il rispetto per la dignità umana, può essere raggiunto solo quando le politiche di sviluppo sono al servizio della persona umana”.
La Santa Sede alle Nazioni Unite, il 25esimo anniversario della Conferenza di Pechino
Alla quarta conferenza della Donna di Pechino, 25 anni fa, la Santa Sede si battè con forza contro l’inclusione dei diritti sessuali e riproduttivi, che erano un eufemismo nel linguaggio delle Nazioni Unite per includere l’aborto tra i nuovi diritti. Venticinque anni dopo, la Santa Sede sottolinea che, nonostante le riserve, è ancora nel dibattito.
Lo fa in un intervento all’incontro di Alto Livello alle Nazioni Unite dedicato proprio al 25esimo di Pechino, che si è tenuto l’1 ottobre e che ha visto la partecipazione di Francesca Di Giovanin, sottosegretario della Segreteria di Stato per il multilaterale.
Nel suo intervento, Di Giovanni ha ricordato che la Santa Sede ha “contribuito attivamente alla conferenza di Pechino” e che resta una promotrice “della dignità della donna, basata fondamentalmente sulal dignità di ogni essere umano”. Se in 25 anni, le donne hanno raggiunto molti traguardi, ci sono anche dei problemi dovuti alla cultura dello scarto.
Quattro sono le aree di preoccupazione identificate dalla Santa Sede. La prima è la necessità di portare le donne fuori dalla povertà, dando loro anche uguali paghe per lo stesso lavoro. La seconda preoccupazione è l’educazione, perché le ragazze rappresentano la maggioranza dei bambini che non vengono iscritti alla scuola primaria. Un gap che la Santa Sede ha spesso coperto con le sue migliaia di istituzioni in tutto il mondo.
Quindi, il tema della salute, dato che ci sono centinaia di milion di donne e bambini cui manca la cura sanitaria di base, e adeguato igiene e nutrizione. Infine, la questione della de-umanizzazione e violenza sofferta da molte donne, che è data anche da “pornografia, maternità surrogata e traffico di esseri umani”.
La Santa Sede all’ONU di New York, contro le armi nucleari
Il 2 ottobre si celebra la Giornata Internazionale per la Totale Eliminazione delle Armi Nucleari, e l’arcivescovo Gallagher ha inviato un intervento alle Nazioni Unite, ricordando il 75esimo da Hiroshima e Nagasaki, e mostrando reverenza per le vittime, ma anche per gli Hibakusha, i sopravvissuti.
Tra le varie iniziative di non proliferazione, la Santa Sede mostra apprezzamento per l’Iniziativa di Conseguenza Umanitaria, e il Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari, che la Santa Sede ha votato e ratificato perché lo considera “uno strumento importante per costruire la pace e rafforzare l’imegno per il disarmo della non proliferazione”.
Chiedendo a tutti di ratificre il Trattato di Non Proliferazione, Gallagher ricorda che questo non “stabilisce dititti ereditari alle armi nucleari”, e che “nessuno Stato potrebbe reclamare un diritto alle armi di distruzione di massa”.
Gallagher propone anche passi avanti per rafforzare la spinta verso l’abbandono delle armi nucleari, afferma che è tempo di ricostruire misure per la non proliferazione nucleare e di rinvigorire gli strumenti del disarmo nucleare. “Nel 2020 – ha affermato – la sfida del COVID 19 e le temperature globali record dovrebbero ispirarci ad affrontare la minaccia della guerra nucleare con umiltà e impegno”.
La Santa Sede all’ONU di New York, il conflitto in Repubblica Centrafricana
L’1 ottobre, l’arcivescovo Gabriele Giordano Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, è intervenuto all’incontro ministeriale di Alto Livello sulla Repubblica Centrafricana.
L’arcivescovo Caccia ha ricordato che tra qualche mese i cittadini della Repubblica Centrafricana torneranno al voto, cinque anni dopo la scelta di Touaderà per un periodo di transizione nel percorso democratico.
L’arcivescovo Caccia incoraggia “maggiore dialogo nello spirito dell’Accordo” che è stato siglato a Bangui nel 2019, e incoraggia soprattutto una “maggiore aderenza agli impegni che sono stati fatti”, e a guardare cosa deve ancora essere fatto.
Tra le note positive, l’arcivescovo Caccia nota la distribuzione delle Forze Armate Centrafricane perché “si possa avere un esercito ben addestrato per assicurare il vasto territorio e mantenere l’ordine, specialmente durante il necessario processo di decentralizzazione”.
Resta il problema di quanti “sulla carta scelgono l’impegno politico, mentre in pratica terrorizzano le popolazioni”, fomentando “discordia e divisioni”. Quando questo avviene, a pagare sono soprattutto i più poveri e vulnerabili, e così “ragazzi e ragazze sono privati dello possibilità di sviluppare le loro abilità a scuola e sono arruolati forzatamente in eserciti”, mentre uomini e donni “non possono coltivare i loro campi per dare nutrimento e stabilità alle loro famigli e alle loro comunità, e sono piuttosto forzati a vivere nella paura”. E sono moltissimi che mancano “delle necessità fondamentali per vivere con la dignità degna dell’essere umano”.
L’arcivescovo Caccia nota che l’Ospedale Bambino Gesù ha stabilito un complesso ospedaliero a Bangui, che vuole formare anche il personal pediatrico, e questo testimonia l’impegno della Santa Sede in questo “importante momento della storia della Repubblica Centrafricana”.
È tempo, piuttosto, di “silenziare le armi e aiutare tutti quelli che fanno un ingiusto uso di armi di mettere da parte gli strumenti di morte”. È tempo per gli abitanti della Repubblica Centraficana “di fare reali progressi in termini di sviluppo umano integrale”.
La Santa Sede all’UNCTAD: “Sviluppare un nuovo paradigma economico”
Si è tenuto lo scorso 1 ottobre, a Ginevra, l’incontro del board commmercio e sviluppo dell’UNCTAD, l’agenzia ONU per il commercio. L’arcivescovo Ivan Jurkovic, rappresentante della Santa Sede alle organizzazioni internazionali di Ginevra, è intervenuta commentando il rapporto UNCTAD 2020, intitolato “Dalla pandemia globale alla prosperità per tutti: per evitare un altro decennio perso”.
La Santa Sede nota che l’impatto del COVID 19 sull’economia è diventata una seria recessione, e che lo scenario delineato dal rapporto mettono in luce alcune delle stesse preoccupazioni che hanno portato Papa Francesco a stabilire una Commissione Vaticana sul COVID 19.
Al centro dell’attenzione, non solo le nazioni sviluppate, ma anche quelle in via di sviluppo o sottosviluppate, anche perché “uno dei più preoccupanti crolli” dovuti alla pandemia riguarda il finanziamento per lo sviluppo, con “sempre più bassi livelli di assistenza e un allarmente tendenza alla privatizzazione”.
La Santa Sede nota che “un potente mezzo per finanziae uno sviluppo sostenibile a livello nazionale e internazionale” è dato dalle politiche fiscali e monetarie”, mentre l’impatto del lockdown stanno “colpendo l’occupazione di tutti i leader economici e politici”.
Ricordando che l’UNCTAD, cinque anni fa, ha sottolineato che l’economia è al servizio della persona, l’arcivescovo Jurkovic afferma che “questa crisi, in un certo senso, ci ha dato l’opportunità unica di superare un modello economico basato sull’egoismo che è indifferente al danno inflitto sulla nostra casa comune”.
La Santa Sede chiede di sviluppare “un nuovo paradigma economico basato sul primato della persona umana sopra ogni situazione di vita sociale”, e con l’idea che la persona “sia l’obittivo di ogni attività economica”.
Servono, afferma la Santa Sede, “risposte globali forti”, perché altrimenti il multilateerale avrà vari gap nel rispndere alla pandemia, mentre ci sono molte “serie ineguaglianze che caratterizzano il nostro sistema socio economico” e che “non possono essere più ignorate”.
La Santa Sede sottolinea infine l’importanza di “uscire dalla pandemia di COVID 19 migliori di prima, costruendo un nuovo modello di sviluppo e affrontando l’ingiustizia sociale e il degrado”.
FOCUS AMBASCIATORI
Gli ambasciatori di Azerbaijan e Armenia presso la Santa Sede in visita in Vaticano
Rahman Mustafayev, ambasciatore di Azerbaijan presso la Santa Sede, è stato in visita in Vaticano lo scorso 29 settembre, ed ha avuto un incontro con il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato.
In un tweet, l’ambasciatore ha sottolineato che l’incontro è stato “ricco e profondo”, e che si è parlato anche del conflitto tra Armenia e Azerbaijan. “Il Vaticano – ha aggiunto l’ambasciatore – potrebbe giocare un ruolo importante per la risoluzione del conflitto sul caso di diritto internazionale”.
L'1 ottobre, è stato invece in visita dal Segretario di Stato vaticano Garen Nazarian, ambasciatore di armenia presso la Santa Sede
La visita dei due ambasciatori avviene nel mezzo di un conflitto “caldo” scoppiato sulla linea di contatto in Nagorno Karabach.
La regione, a maggioranza armena, era stata data all’Azerbaijan su decisione di Stalin. Nel momento in cui l’Azerbaijan aveva deciso di lasciare l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, un referendum aveva costituito il nuovo stato della federazione. Gli azeri reagirono militarmente, e ci fu un accordo di cessate il fuoco nel 1993. Da allora, le tensioni sono rimaste latenti, e sono arrivate quasi ad un aperto conflitto lo scorso agosto. L’Armenia, che ha proclamato la legge marziale e la piena mobilitazione militare, lamenta che l’Azerbaijan ha mosso un attacco contro il Nagorno Karabach. L’Azerbaijan sostiene che il suo attacco è una risposta ad un lancio di granate armeno.
Il 28 dicembre, era stato il Catholicos Karekin II, patriarca della Chiesa Apostolica Armena, ad informare il Papa del conflitto, e a chiedere al Papa di fare un appello. Papa Francesco, durante l’Angelus del 28 settembre, ha chiesto la risoluzione del conflitto in Caucaso.
L'ambasciatore Nazarian ha ribadito le posizioni dell'Armenia riguardo il conflitto in Artsakh, in quella che è la peggiore escalation degli ultimi anni. L'ambasciatore ha anche inviato diffuso tra gli ambasciatori presso la Santa Sede una intervista del Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan, che ha accusato la Turchia di essere dietro gli scontri, di volere portare avanti l'obiettivo del genocidio degli armeni e del ristabilimento dell'Impero Turco", un piano che troverebbe un ostacolo nell'Armenia.
L’ambasciatore di Australia presso la Santa Sede al Dicastero per lo Sviluppo Integrale
Chiara Porro, ambasciatore di Australia presso la Santa Sede, è stata lo scorso 1 ottorbre al Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. L’ambasciatore si è incontrata con il Cardinale Peter Turkson, prefetto del dicastero, e con monsignor Bruno Marie Duffé, segretario, per discutere – spiega in tweet – “le sfide di sviluppo nel pacifico, i flussi migratori, l’impatto delle industrie minerarie e l’agenda australiana Closing the Gap”. A loro, ha portato in dono una mappa dell’Australia aborigena, sottolineando la varietà e ricchezza dei linguaggi indigeni nel territorio.
Chiara Porro parteciperà anche all’inaugurazione della Cappella Laudato Si sul Delta del Po il prossimo 4 ottobre.
FOCUS NUNZIATURE
Papa Francesco nomina il nuovo nunzio nelle Filippine
Il 28 settembre, Papa Francesco ha nominato l'arcivescovo Charles J. Brown nunzio nelle Filippine. L'arcivescovo lascia la nunziatura di Tirana (Albania) che guidava dal 2017. L'arcivescovo
Brown non è un diplomatico di formazione. Americano di origini irlandesi, sacerdote dal 1989, ha servito dal 1994 fino al 2011 presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, dove Benedetto XVI lo pescò per inviarlo nunzio in Irlanda. Serviva, infatti, un nunzio che conoscesse il diritto canonico e che potesse accompagnare la nazione verso la transizione necessaria dopo lo scandalo di abusi e la visitazione apostolica inviata da Benedetto XVI.
Da allora, l'arcivescovo Brown ha lavorato come nunzio, pur non avendo studiato all'Accademia Ecclesiastica - è uno dei pochissimi "ambasciatori del Papa" a non avere formazione diplomatica.
FOCUS VATICANO
Il primo ministro della Renania-Settentrionale Westfalia in Vaticano
Lo scorso 1 ottobre, Armin Laschet, primo ministro della Renania Settentrionale Westfalia, è stato in visita da Papa Francesco.
Laschet, secondo la Frankfurter Allgemeine Zeitung, avrebbe invitato Papa Francesco a visitare il Land nel 2021.
Al termine dell'udienza privata con il Pontefice, Laschet ha dichiarato: “Le nostre società nel nord, anch'esse minacciate di disgregazione, non hanno bisogno di tanta solidarietà finanziaria, ma dell'impulso spirituale di un uomo che possa anche unire le persone”.
Candidato alla presidenza dell'Unione cristiano-democratica (Cdu), il primo ministro della Renania settentrionale-Vestfalia ha quindi evidenziato come, in un mondo in cui molti sostengono “Il mio paese prima di tutto”, riunire le persone sia “un impulso particolarmente importante che la Chiesa può dare”.
FOCUS EUROPA
Il Cardinale Parolin alla COMECE
A Bruxelles, si celeebrano due anniversari importanti: il 50esimo anniversario dello stabilimento delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Unione Europea, e il 40esimo della COMECE, il Comitato delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea. Per l’ccasione, il Cardinale Parolin sarà a Bruxelles il 28 e 29 ottobre, per partecipare alla plenaria della COMECE.
Durante la plenaria, i vescovi delegati della COMECE discuteranno sul ruolo della Chiesa Cattolica nell’Unione Europea, specialmente nel contesto dell’attuale pandemia del COVID 19, e discuteranno le possibili iniziative per supportare l’Unione Europea a ecuperare dopo la pandemia attraverso una giustizia ecologica, sociale e contributiva.
I vescovi della COMECE incontreranno anche Margaritis Schinas, vice presidente della Commissione Europea, per un dibattito sull’implementazione dell’Articolo 17 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, che parla di un dialogo aperto, regolare e trasparente tra le Chiese e le istituzione UE. I vescovi parleranno con Schinas anche di politiche migratorie, nel contesto nel Nuovo Patto Europeo su Migrazioni e Asilo adottato lo scorso 23 settembre.
Il 28 ottobre 2020 si celebrerà una Messa per l’Europa, presieduta dal Cardinale Parolin.
Il Cardinale Parolin avrà anche vari incontri di alto livello con le istituzioni dell’Unione Europea.
FOCUS MIGRAZIONI
Il Cardinale Czerny alla Catholic Immigrant Integration Initiative Conference
Il 2 ottobre, il Cardinale Michael Czerny, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale, è intervenuto alla Catholic Immigrant Integration Initiative Conference, organizzata dall’università di Notre Dame.
Il Cardinale Czerny ha parlato di “Mobilità e Lockdown”. Ha sottolineato che la pandemia ha alterato il quadro delle migrazioni, perché ora gli sfollati è una verità per la maggior parte del mondo, perché “potrebber non essere a casa, ma gli viene detto di non muoversi” e questo gli “sfolla” dalle loro routine. Vale anche per quanti in lockdown stanno bene, perché hanno comunque dovuto cambiare vita.
Ma anche i migranti sono impattati. Non sperimentano vite normali, ma con il COVID scompare anche il lavoro precario che porta loro qualche forma di sostentamento, e non possono “nemmeno tornare nelle loro nazioni di origine perché i confini sono chiusi”, dunques sono costretti a restare “ma con persino mezzi per sopravvivere”, mentre i governi “cercano soluzioni per proteggere i loro cittadini”, mentre gli altri restano dimenticati.
Il lockdown, ha detto il Cardinale Czerny, ha cambiato anche il concetto di “noi e loro”. Il cardinale indica come strada l’insegnamento di Papa Francesco, che si fonda su alcune frasi chiave: mettere il bene comune prima dell’egoismo; rifiutare indifferenza, invisibilità e individualismo; non ignorare e non dimenticare; non sviluppare divisioni; non essere ipocriti; non affidarci a un modello economico basato sull’ingordigia, lo zelo per il profitto e la gratificazione istantanea.
“La pandemia – ha detto il Cardinale – è apparsa in un contesto particolare di ingiustizia diffusa, ineguaglianza e attacchi alla nostra casa comune. Questo contesto aggrava la pandemia e ci costringe a cercare di fare le cose migliori”.