New York City, New York , mercoledì, 23. settembre, 2015 11:45 (ACI Stampa).
Alla fine, la decisione è stata per un sì: la bandiera del Vaticano, bianca e gialla, svetterà tra le bandiere delle Nazioni Unite, sebbene sia solamente osservatore permanente. Ma quello della Santa Sede è un sì condizionato: nessuna cerimonia. Anche perché la Santa Sede non ha chiesto di innalzare la sua bandiera. Lo hanno fatto le Nazioni Unite, un po’ per sfruttare l’effetto mediatico della visita del Papa a celebrare il loro 70esimo, un po’ per equilibrare lo sbilanciamento diplomatico nei confronti della Palestina.
Perché è stata la Palestina a cominciare il balletto, chiedendo lo scorso 10 settembre con una risoluzione che sventolassero davanti al Palazzo delle Nazioni Unite anche le bandiere degli Stati osservatori permanenti, e non solo quelle degli Stati membri. Era un gesto simbolico: la presenza della bandiera palestinese (oltre a quella della Santa Sede, altro Stato membro) avrebbe fatto fare passi avanti sul riconoscimento dello Stato della Palestina.
Da parte sua, il Vaticano ha plaudito alla decisione di dare allo Stato di Palestina lo status di osservatore permanente nel 2012, senza dare troppo nell’occhio ha inserito la dicitura di “Stato della Palestina” nell’annuario pontificio, poi ha persino siglato un concordato con lo Stato della Palestina. Ma è stato molto prudente sull’innalzamento della bandiera palestinese all’ONU, senza esporsi, ma soprattutto facendo sapere di non entrarci niente con la vicenda: la Santa Sede non voleva essere strumentalizzata dalla Palestina, non voleva essere tirata dentro una rivendicazione dello Stato Palestinese. Una cosa è appoggiare la risoluzione dei due Stati, un’altra è appoggiare delle rivendicazioni personali.
Per questo, la Santa Sede ha prima chiesto alla Palestina di togliere il suo nome alla risoluzione, declinando l’invito. Poi ha sottolineato di non opporsi alla risoluzione, ma di voler mantenere la tradizione. E infine ha accettato l’offerta delle Nazioni Unite.
Con una mossa diplomatica, la Santa Sede potrebbe anche riuscire nell’appianare le divergenze con Israele, dovute al riconoscimento dello Stato della Palestina. Una distensione di rapporti di cui si ha molto bisogno. Perché c’è sempre un Accordo Fondamentale da ratificare (“Per noi, si potrebbe firmare in qualunque momento,” ha detto di recente il nunzio in Israele, l’arcivescovo Giuseppe Lazzarotto), ma soprattutto c’è anche da affrontare una situazione che per i cristiani in Terrasanta si fa sempre più difficile, tra taglio dei fondi scolastici e chiese attaccate dagli ebrei ortodossi: non a caso i vescovi europei del CCEE hanno tenuto lì l’ultima plenaria.