Roma , venerdì, 25. settembre, 2020 18:00 (ACI Stampa).
C‘è una casa, modesta, nel paese di Pescina, in Abruzzo, tutta in pietra, squadrata, che racconta una storia di grandezza e di dolore, che in fondo rispecchia la stessa storia di questa terra bellissima, schiva e feconda. In via delle Botteghe si trova la casa natale di Ignazio Silone, uno scrittore di cui oggi ingiustamente si parla poco e ancora più ingiustamente si legge poco. Qualche giorno fa a Pescina quella casa è stata restituita a nuova vita, con un museo a lui dedicato. Questa è stata la conclusione di un lungo lavoro di restauro, reso possibile grazie al contributo della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale e del Comune di Pescina, nonostante il periodo di chiusura per l’emergenza sanitaria e le misure di sicurezza adottate per il contenimento del virus Covid-19.
“In quell’istante sentii inondarmi di una gioia immensa, sconosciuta. Era una specie di estasi. Ogni senso di incertezza o di paura mi abbandonò. Sai dirmi che accade all’anima in quei momenti? D’un tratto il mondo intero ha un altro aspetto. Se avessi visto dei cavalli volare, ciò non mi avrebbe minimamente sorpreso. […] È sempre così l’amore? Mio Dio, mio Dio, non riconoscevo più la creazione. Sentivo il cielo nel cuore. Era come se dalla testa mi sprizzassero centinaia di stelle. La felicità era penetrata nel mio essere e vi aveva suscitato una luce che ignoravo. Tutta la terra girava attorno a noi due come una trottola”.
Si tratta di un brano tratto dal “Segreto di Luca”, uno dei grandi romanzi di Silone, forse uno dei più commoventi, che abbiamo riletto in questi giorni, stimolati anche dalla notizia che appunto è stata restaurata la casa natale dello scrittore. Il romanzo racconta la vicenda di Luca Sabatini, un ergastolano graziato che ha passato quarant’anni di prigione per un delitto che non ha mai commesso, che ha taciuto per tutto questo tempo per proteggere l’onore della donna che ama perdutamente, ritorna al suo paese e viene rifiutato da tutti, tranne l’anziano parroco dei suoi tempi e Andrea, un maestro antifascista sensibile e tormentato, che rifiuta le logiche del potere, anche di quello che sembra ora trionfare, dopo gli anni del regime e gli orrori della guerra. Ma in realtà è il paesaggio, sono i contadini e gli abitanti del paese di Cisterna dei Marsi ad essere protagonisti, le loro sofferenze, i loro pregiudizi, la loro fede. Quella terra d’Abruzzo, radice e paradigma di ogni sentimento e di ogni ideale.
Silone, pseudonimo di Secondo Tranquilli, nasce il 1 maggio del 1900 a Pescina dei Marsi, paese dalla bellezza leggendaria collocato nelle zone della Marsica, in provincia dell’Aquila, terra tormentata anche dai fenomeni sismici. E’ stato proprio un drammatico terremoto nel 1915 a provocare nel solo paese natìo dello scrittore oltre 3.500 vittime; muoiono sotto le macerie la madre, cinque fratelli e altri numerosi suoi familiari il padre è scomparso anni prima; Secondo riesce a salvarsi con il fratello Romolo, il più piccolo della famiglia. Il dramma personale del non ancora quindicenne Silone lo segnerà per tutta la vita e trasparirà anche nella sua produzione letteraria.
Così scrive al fratello, alcuni mesi dopo il sisma, di ritorno dal seminario di Chieti dove studiava al paese natale distrutto: