Non fu un "banale" mea culpa, ma una lettura teologica del peccato e della redenzione attraverso la sofferenza delle vittime, dei colpevoli e di tutti i credenti che provano "vergogna" e gli errori di chi non ha vigilato abbastanza. Dieci anni fa si trattava di un grande passo nella consapevolezza. E la gente lo ha capito perfettamente. Di fatto papa Benedetto XVI alla fin fine ha più successo lontano dai condizionamenti della Curia e lontano da certa stampa italiana.
E mentre a protestare contro la Chiesa e Benedetto XVI c'erano poco più di diecimila persone, a pregare con il Papa e a salutarlo per le strade di Londra, di sabato pomeriggio di persone ce ne erano almeno duecento mila. Senza parlare della beatificazione del cardinale John Henry Newman.
E poi quella riflessione sul giusto posto che il credo religioso mantiene nel processo politico. Il discorso che il Papa ha rivolto ai rappresentanti della società civile riuniti nella millenaria Westminster Hall. Il salone senza pilastri più grande del mondo, il salone dove la giustizia dei re d' Inghilterra aveva il suo corso, dove nel 1535 fu condannato a morte Tommaso Moro per aver scelto di "servire Dio per primo”. Uno dei grandi discorsi politici dei Benedetto XVI.
E le questioni di fondo del processo di Tommaso Moro sono ancora al centro del dibattito moderno, spiega il Papa. "Quali sono le esigenze che i governi possono ragionevolmente imporre ai propri cittadini, e fin dove esse possono estendersi? A quale autorità ci si può appellare per risolvere i dilemmi morali? Queste questioni ci portano direttamente ai fondamenti etici del discorso civile. Se i principi morali che sostengono il processo democratico non si fondano, a loro volta, su nient'altro di più solido che sul consenso sociale, allora la fragilità del processo si mostra in tutta la sua evidenza.” E allora "dove può essere trovato il fondamento etico per le scelte politiche? "
Domanda il Papa. Per i cattolici le norme del retto agire sono "accessibili alla ragione" e " il ruolo della religione nel dibattito politico non è tanto quello di fornire norme, come se esse non potessero esser conosciute dai non credenti, ancora meno è quello di proporre soluzioni politiche concrete, cosa che è del tutto al di fuori della competenza della religione, bensì piuttosto di aiutare nel purificare e gettare luce sull'applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi." Un ruolo di "correzione"che non è sempre bene accolto, dice Benedetto XVI anche per colpa di "forme distorte di religione, come il settarismo e il fondamentalismo". Insomma la "correzione" tra ragione e religione è " un processo che funziona nel doppio senso.
La preoccupazione del Papa quindi è la evidente marginalizzazione del cristianesimo. "Vi sono, dice, alcuni che sostengono che la voce della religione andrebbe messa a tacere, o tutt'al più relegata alla sfera puramente privata. Vi sono alcuni che sostengono che la celebrazione pubblica di festività come il Natale andrebbe scoraggiata, secondo la discutibile convinzione che essa potrebbe in qualche modo offendere coloro che appartengono ad altre religioni o a nessuna. E vi sono altri ancora che, paradossalmente con lo scopo di eliminare le discriminazioni, ritengono che i cristiani che rivestono cariche pubbliche dovrebbero, in determinati casi, agire contro la propria coscienza". Segnali inquietanti della incapacità di rispettare "il ruolo legittimo della religione nella sfera pubblica."
Il discorso di Benedetto XVI si concludeva con con un pensiero agli angeli “che ci guardano dalla magnifica volta di questa antica Sala ci ricordano la lunga tradizione da cui il Parlamento britannico si è sviluppato. Essi ci ricordano che Dio vigila costantemente su di noi, per guidarci e proteggerci. Ed essi ci chiamano a riconoscere il contributo vitale che il credo religioso ha reso e può continuare a rendere alla vita della nazione."
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