Sarà il prossimo 11 settembre che Rahman Fahran al-Amiri, ambasciatore designato dell’Iraq presso la Santa Sede, presenterà le sue lettere credenziali a Papa Francesco. Arrivato dall’Iraq lo scorso 20 agosto, ma designato già a fine giugno dal Parlamento iracheno, al-Amiri ha incontrato il 3 settembre in Vaticano monsignor Joseph Murphy, capo dell’ufficio del Protocollo della Segreteria di Stato vaticana, con cui ha discusso anche della presentazione delle lettere credenziali. Secondo una nota dell’ambasciata, “durante l’incontro, l’ambasciatore ha espresso la sua felicità di lavorare come rappresentante dell’Iraq presso la Santa Sede e il suo desiderio di sviluppare il dialogo in modo da contribuire al consolidamento delle relazioni bilaterali tra i due Paesi”.
Lo scorso 1 luglio, l’ambasciatore al-Amir era stato ricevuto a Baghdad dal Cardinale Raphael Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei. La discussione, ha sottolineato una nota del Patriarcato, si è focalizzata sulle relazioni tra Vaticano ed Iraq e sulla diffusione dei valori della fratellanza umana e della convivenza, nonché sulla visita del Papa in Iraq.
Papa Francesco aveva espresso il desiderio di visitare l’Iraq nel 2020, e il Cardinale Sako aveva già cominciato ad organizzare un viaggio che sarebbe dovuto essere di cinque giorni, e che avrebbe potuto prevedere anche la firma di un’altra dichirazione della Fraternità Umana a Najaf, con i leader sciiti.
La fraternità umana è stato anche un altro dei temi dell’incontro. È attesa, tra l’altro, a breve una nuova enciclica di Papa Francesco proprio sul tema della fraternità umana, come annunciato dal vescovo Domenico Pompili di Rieti lo scorso 26 agosto a margine di un evento francescano.
L’ambasciatore del Nicaragua presso la Santa Sede dal Papa il prossimo 24 settembre
Il Nicaragua cerca di tendere la mano al Papa con la nomina di un ambasciatore presso la Santa Sede di provata fede cattolica. È Javier Bautista Lara, che presenterà le sue lettere credenziali il prossimo 24 settembre.
Bautista Lara si troverà nel difficile incarico di fare da tramite tra il suo Paese e la Santa Sede, mentre da Managua non si è mancato di accusare la Chiesa di golpe e persino di attaccare le chiese. La crisi in Nicaragua è in corso dall’aprile 2018, quando il governo del presidente Daniel Ortega aveva annunciato una controversa riforma delle pensioni.
I vescovi hanno fatto da mediatori, salvo poi dover fare marcia indietro quando sono stati accusati di favorire le proteste. Da allora, si sono moltiplicati gli attacchi alle chiese.
Bautista Lara è stato designato l’1 settembre, e la presentazione delle lettere credenziali così velocemente starebbe anche a testimoniare la volontà della Santa Sede di tenere aperto un ponte per aiutare la popolazione. Nel suo profilo, si legge che è “un cattolico riconosciuto, molto attivo nella parrocchia di Colonia Centro America a Managua, e uno dei fondatori della Polizia Nazionale, istituzione di cui fu sub-direttore fino al suo ritiro nel 2005, avvenuto su ordine dell’allora presidente Enrique Bolanos.
Bautista Lara è stato scelto al posto di Karol Suyen Paragua Estrada, la cui nomina di ambasciatore presso la Santa Sede è stato giudicato senza effetto. Paragua Estrada era stata nominata lo scorso 16 luglio.
L’ambasciatore della Repubblica Dominicana presso la Santa Sede sta per presentare le sue credenziali
Sarà il 28 settembre che Eunis Vaszques Acosta, ambasciatore della Repubblica Dominicana presso la Santa Sede, presenterà a Papa Francesco le sue lettere credenziali. L’ambasciatore sostituisce Victor Manuel Grimaldi, che aveva servito come rappresentante dominicano presso la Santa Sede per più di dieci anni.
Acosta è stata magistrato presidente della Seconda Sala della Camera Civile della Corte di Appello del Distretto Nazionale.
L’ambasciatore di Croazia presso la Santa Sede in visita di Congedo
Il 5 settembre, Nevan Pelicaric, ambasciatore di Croazia presso la Santa Sede, è stato in visita di congedo da Papa Francesco. Il suo mandato terminerà effettivamente a fine ottobre. Ambasciatore presso la Santa Sede dal 2016, Pelicaric è un diplomatico di carriera che è stato anche vice ministro per gli Affari Europei, e ambasciatore di Croazia in Spagna, Andorra e Cuba, e consigliere diplomatico del presidente del Consiglio dei Ministri.
Pelicaric ha anche traghettato la Croazia durante l’anno di presidenza del Consiglio dell’Unione Europea, ed ha organizzato il primo evento di ambasciatori che si è tenuto dopo la pausa dovuta all’emergenza COVID 19. L’evento è stato un pranzo degli ambasciatori europei con il Cardinale Pietro Parolin, tenutosi nella sede dell’ambasciata di Francia presso la Santa Sede lo scorso 23 giugno.
Uno degli eventi conclusivi del suo incarico sarà la celebrazione del 1600esimo anniversario di San Girolamo nella chiesa nazionale dei croati a Roma di San Girolamo dei Croati, che sarà celebrato dal Segretario di Stato vaticano.
FOCUS MULTILATERALE
La Santa Sede al Consiglio Permanente dell’OSCE
Al Consiglio Permanente dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) si è discusso la scorsa settimana della Giornata Mondiale contro il Traffico di Esseri Umani”.
Monsignor Janusz Urbanczyk, osservatore permanente della Santa Sede, ha sottolineato che la Santa Sede dà “particolare importanza alla sofferenza dei milioni di bambini, donne e uomini che sono oggetto di traffico e ridotte in schiavitù”, perché questi sono tra “le persone più disumanizzate e scartate del mondo di oggi”.
L’Osservatore della Santa Sede ha notato che il traffico di esseri umani “prende il controllo delle sue vittime” e le tratta come beni di scambio o come materiale grezzo.
Eppure, ha sottolineato, nonostante gli impegni pubblici presi da Stati e attori non statali, nonché le molteplici campagne di sensibilizzazione, “c’è ancora ignoranza diffusa sulla natura e la diffusione del traffico di esseri umani”, ed è di “grave preoccupazione che ci sono più di 40 milioni di vittime di traffico o sfruttamento del mondo, un quarto delle quali sono minori di 18 anni, e una vittima di sfruttamento sessuale su venti è addirittura minore di sette anni”.
La Santa Sede ha spiegato che la crisi del coronavirus ha cambiato i modelli di traffico, ma che i trafficanti sono stati rapidi ad adattarsi, sfruttando soprattutto l’incremento di disuguaglianze sociali che è tra le cause alle radici del traffico di esseri umani.
La Santa Sede ha spiegato che molti Stati hanno sviluppato vari programmi di contrasto alla tratta basandosi sul principio di “prevenzione, protezione e processi”, ma ha anche messo in guardia che la mancanza di cooperazione tra gli attori statali “spesso rende politiche e programmi inefficaci”.
Per questo, gli Stati dovrebbero “condividere tra loro le informazioni rilevanti sul traffico di esseri umani e sviluppare risposte comuni”.
Se c’è bisogno di maggiore cooperazione, e, perché questa sia efficace, deve coinvolgere “la società civile, le organizzazioni religiose e i leaders religiosi”. L’osservatore ha anche lodato il lavoro del Santa Marta Group, che riunisce legislatori e organizzazioni religiose.
La Santa Sede a Ginevra, sulla revisione dei comitati
Proseguono a Ginevra le discussioni per la revisione del sistema dei Comitati sui Trattati delle Nazioni Unite. Lo scorso 2 settembre, l’arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore permanente della Santa Sede presso le organizzazioni internazionali a Ginevra, ha commentato le osservazioni finali, e notato che “nel redigere le loro osservazioni conclusive, i comitati delle Nazioni Unite dovrebbero anche pienamente rispettare le regole di interpretazione dei trattati dei diritti umani come codificati nella Convenzione di Vienna sulla legge dei Trattati del 1969”.
La Santa Sede, in pratica, chiede di non utilizzare i trattati come un grimaldello per modificare od espandere i diritti umani, tema oggetto da tempo di dibattito per l’inclusione di nuovi diritti, di terza e quarta generazione, che non hanno un consenso generale.
La Santa Sede denuncia che “ogni tentativo di cambiare il contenuto degli obblighi di uno Stato parte senza il suo consenso andrebbe a negare il valore della ratifica”, perché i comitati non sono “organismi giuridici, i loro membri non sono giudici e le loro procedure differiscono grandemente dai procedimenti giudiziari”.
Eppure, continua la Santa Sede, “in passato alcune delle raccomandazioni dei comitati sembrano di essersi staccate dai principi basici della legge internazionale pubblica”. La Santa Sede ne è stata vittima, specialmente davanti al Comitato sulla Convenzione dei Diritti del Fanciullo che puntava il dito persino contro la confessione.
La Santa Sede è preoccupata del fatto che “i commenti generali sono descritti come se dessero interpretazioni autorevoli dei trattati”, anche perché non sarebbe loro compito, dato che alla ratifica gli Stati hanno già definito i loro obblighi.
Per questo, la Santa Sede afferma che “ogni interpretazione che va oltre il testo del trattato è nulla e non valida, e andrebbe a detrimento dell’applicazione stessa del trattato”.
La Santa Sede a Ginevra, sulle munizioni a Grappolo
Il 4 settembre, si è tenuta a Ginevra la seconda conferenza di Revisione della Convenzione sulle Munizioni a Grappolo.
Nel suo intervento, l’arcivescovo Jurkovic ha affermato che è di “grande importanza che gli obblighi contratti, specialmente in relazione all’assistenza alle vittime, non vengano sospesi”.
La Santa Sede ricorda di essere stata uno dei primi Stati a ratificare la convezione, e per questo resta “fortemente impegnata alla sua implementazione, avendo anche incoraggiato Stati parti e non parti di riaffermare il preminente ed inerente valore della dignità umana e la centralità della persona umana”.
La Santa Sede plaude ai significativi progressi fatti grazie alla Convenzione, che ha fatto la differenza soprattutto per le vittime. Va ricordato che fu la Santa Sede, in fase di negoziazione, a spingere perché si includesse un paragrafo dedicato all’assistenza umanitaria alle vittime.
Riguardo la revisione del Trattato, la Santa Sede chiede quattro cose: di mettere la persona umana, e le vittime, al centro della preoccupazione; di focalizzarsi su prevenzione, pace ed educazione al rischio; di non evadere responsabilità, ma di prendere misure concrete per implementare gli obblighi contratti; di continuare a garantire risorse amministrative e finanziarie per raggiungere gli obiettivi della Convenzione.
La Santa Sede sottolinea che non può accettare “l’introduzione di una nuova terminologia, come quella di gender e diversità, nei testi proposti. Questa terminologia non ha precedenti nel linguaggio condiviso dei documenti procedenti”.
Per questo, la Santa Sede si dice preoccupata che l’introduzione di questa nuova terminologia “possa spostare l’attenzione e gli sforzi lontano dagli obblighi centrali della convenzione, e verso temi politici ed ideologici”.
FOCUS NUNZIATURE
Arriva il nuovo nunzio in Argentina
L’arcivescovo Miroslaw Adamczyk, nunzio apostolico eletto in Argentina, arriverà nel Paese il prossimo 6 settembre. Ha incontrato Papa Francesco in udienza privata lo scorso 4 settembre.
L’arcivescovo Adamczyk è stato destinato a Buenos Aires dal 22 febbraio, ma l’emergenza coronavirus gli aveva impedito di arrivare in diocesi. Precedentemente era nunzio apostolico in Panama. L’arcivescovo Adamczyk ha preso il posto dell’arcivescovo Leon Kalenga Badikebele, morto improvvisamente nel giugno 2019.
Il presidente del Brasile Bolsonaro saluta il nunzio uscente D’Aniello
Lo scorso 31 agosto, il presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha ricevuto in visita di congedo l’arcivescovo Giovanni d’Aniello, che lascia l’incarico di ambasciatore del Papa in Brasile per andare a prendere possesso della nunziatura a Mosca. Il nuovo rappresentante del Papa a Brasilia sarà invece l’arcivescovo Giambattista Diquattro.
L’arcivescovo D’Aniello è stato per otto anni ambasciatore del Papa in Brasile.
Bolsonaro ha voluto sottolineare che “il Brasile è il più grande Paese cattolico del mondo. Mantenere rapporti fraterni con il Vaticano fa parte della nostra vocazione”.
FOCUS LIBANO
Il Cardinale Parolin incontra il presidente Aoun
Durante il suo breve viaggio in Libano, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha incontrato anche il presidente libanese Michel Aoun.
Il Cardinale Parolin è stato inviato nel Paese dei cedri in occasione della giornata di preghiera e digiuno per il Libano proclamata da Papa Francesco il 4 settembre, ad un mese dalle tremende esplosioni del porto che hanno causato centinaia di morti, migliaia di feriti e centinaia di migliaia di sfollati.
L’agenda del Cardinale è stata fitta di incontri, con visite in moschea, nella cattedrale greco-cattolica e in quella greco-ortodossa, un incontro con i leaders religiosi e una Messa officiata nel santuario di Harissa, dove ha letto un messaggio personale del Papa..
Parlando al presidente Aoun, il Cardinale Parolin ha detto che la Santa Sede considera il Libano di grande importanza, perché, come aveva detto Giovanni Paolo II, il Libano “è una missione e deve preservare le sue componenti.
Il presidente Aoun ha espresso la gratitudine del Libano a Papa Francesco per aver stabilito la giornata di preghiera, e sottolineato che “sarà fatta giustizia con chiunque sia responsabile o negligente riguardo l’esplosione”.
Da tempo, il Libano viveva una situazione critica. Il Cardinale Bechara Rai, patriarca dei maroniti, che già prima dell’esplosione metteva in luce le difficoltà del Paese e puntava il dito contro alcune situazioni particolari. Dopo l’esplosione, il Cardinale ha presentato una road map per una neutralità attiva del Libano e chiesto anche di eliminare tutti i depositi di armi in centro, in un appello che era anche una denuncia della presenza di fazioni terroristiche nel Paese.