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Monte Berico, un pellegrinaggio mariano che non si è interrotto con la pandemia

Molti dalla città arrivavano a piedi per pregare davanti al Santuario chiuso

La Madonna di Monte Berico  |  | www.monteberico.it
La Madonna di Monte Berico | www.monteberico.it
Il santuario di Monte Berico  |  | www.monteberico.it
Il santuario di Monte Berico | www.monteberico.it

Da quassù lo sguardo spazia su un paesaggio infinito: i colli berici, alle spalle, davanti i monti Lessini e le montagne del Pasubio, le piccole Alpi, con l’altopiano di Asiago. Il cuore si allarga, non solo lo sguardo, e un soffio d’aria leggera, un dono in un pomeriggio assolato di agosto, accarezza il volto e l’anima.

Siamo giunti, dopo una breve camminata, al santuario di Monte Berico, che sovrasta Vicenza. Una meta continua di pellegrinaggi provenienti da tutto il mondo. Anche qui gli effetti della pandemia si sono fatti sentire. Per mesi non è stato possibile celebrare le messe, ma da questa chiesa è stato sempre lanciato un messaggio di fede e di amore, nel nome di Maria. Ci spiegano che sono stati attivati collegamenti via Rete, e parallelamente le vie ordinarie di comunicazione: sono giunte al santuario tante lettere e mail  in cui si chiedeva una vicinanza, una preghiera per poter superare un momento tanto difficile. E c’è sempre stato chi, nonostante il lockdown, è arrivato quassù, solitario, accontentandosi di contemplare il santuario da fuori, di pregare all’ombra lungo uno dei tanti sentieri, giardini, prati che circondano il santuario.

Oggi tutto sembra aver ripreso l’aspetto consueto: macchine parcheggiate in quantità, gente che sale i gradini e si siede in chiesa, nelle sedie  distanziate, in attesa della messa. E gente che passeggia nel chiostro, legge le invocazioni e i nomi incisi nelle decine e decine di ex voto raccolti in una sala le cui finestre si aprono sul dolce paesaggio collinare. Dalla città, come avviene da secoli, il tempio si raggiunge a piedi lungo un porticato in ripida salita, un percorso processionale con le stazioni della Via Crucis, progettato da Francesco Muttoni e realizzato nel 1748. Un percorso che ricorda quello che a Bologna conduce al santuario di San Luca. La statua della Vergine, dentro il santuario, con il suo manto aperto, motivo iconografico dominante nel Quattrocento veneziano, appare come sempre in attesa di accogliere tutti, in un solo abbraccio.

Non ci sono i pullman carichi di pellegrini,  alcune strutture sono chiuse, altre riaprono solo in alcuni giorni della settimana. Ma anche in questa strana e difficile estate il luogo torna a pulsare della vita che per secoli lo ha animato. E della sua lunga storia di fede, cominciata nel 1426, quando una donna di Vicenza, che arranca lungo la tortuosa strada che sale al colle per portare del cibo al marito che lavora lassù,  vede la Madonna, la quale chiede, attraverso di lei, che le venga dedicata una chiesa proprio  in questo posto, promettendo, al tempo stesso, la fine della pestilenza che sta devastando la città e la regione. Nel 1428, in pochi mesi viene costruita un piccolo edificio religioso in stile tardo gotico e un cenobio per ospitare una comunità religiosa dedita all’accoglienza dei pellegrini. Nel 1435 il complesso viene affidato ai Servi di Maria, tuttora custodi del santuario.

Nei secoli l’edificio ha subito numerose modifiche, secondo gli stili delle epoche avvicendatasi. C’è anche l’intervento del grande Palladio, che ha legato indissolubilmente il suo nome a Vicenza. Nel 1703 viene realizzata la modifica più ampia, nel barocco progettato da Carlo Borella.  Dal 1978 la Madonna di Monte Berico è la prima patrona della città e della sua diocesi.

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I milioni di pellegrini che ogni anno si sono affollati lungo queste strade, nella chiesa, nello spettacolare piazzale che domina il paesaggio montano si sono visibilmente ridotti, ma il flusso di persone non è cessato. Famiglie intere, anziani accompagnati da parenti o badanti, salgono i gradini, come per secoli è stato fatto, e siedono davanti a Maria, ancora una volta sostegno e speranza in un tempo segnato dalla paura e dalla malattia. L’antica peste oggi è una pandemia che scuote il mondo, e si cura più rapidamente ed efficacemente, ma che lascia segni dolorosi su tutto e tutti, stravolgendo le nostre vite e le nostre sicurezza.

Una donna con un velo bianco si inginocchia sul pavimento di marmo e resta immobile a lungo, gli occhi fissi sulla Vergine. Bambini entrano correndo e si gettano sulle scale che conducono al chiostro. Un ragazzo, molto giovane, quasi adolescente, si ferma alla finestra e guarda, sognate, le colline che digradano verso la pianura e che nascondono, nelle loro pieghe verdi, quei gioielli di pura bellezza che sono le ville palladiane: villa Valmarana ai Nani, con gli affreschi del Tiepolo, si trova proprio a pochi chilometri più sotto Monte Berico, e le sue candide mura spiccano tra il verde degli alberi e dei prati. La messa si è conclusa, la gente esce lentamente, e guarda con stupore i colori del tramonto. Si capisce che nessuno vorrebbe andarsene, perché qui il respiro si fa più ampio, libero, da quassù il cuore torna a volare.