Nel 1386, avvenne che il principe lituano Jogaila fu chiamato al trono di Polonia, a condizione che si convertisse al cattolicesimo. Così fece. Da allora, e fino al 1795, Polonia e Lituania rimasero unite. Durante il regno di Jogaila, la Lituania fu retta da Vytautas. Questi, aveva grande devozione per la Vergine, e fece erigere molte chiese in suo onore, tra le quali quelle di Kaunas e di Naugirdelis.
Una svolta ancora maggiore avvenne quando un altro principe polacco, Casimiro, diventa governatore di Lituania. Questi guidò la nazione dal 1475 al 1484. Santo, patrono della nazione la cui tomba è venerata nella cattedrale di Vilnius, diede uno straordinario impulso al culto mariano. A lui viene attribuito l’Omni Die, un inno alla Vergine da cantare, appunto, ogni giorno.
Il periodo della Riforma Protestante non lascia indifferenti i Paesi Baltici. Ed è qui che si vede come il culto di Maria contribuisca a costruire le nazioni. Lettonia ed Estonia passarono direttamente al protestantesimo nel 1525, perché Alberto di Hohenzollern, Gran Maestro dell’Ordine Teutonico, aderì al Protestantesimo e trasformò quei possedimenti in un principato ereditario.
In Lituania, la nobiltà divenne quasi interamente calvinista. La predicazione protestante si diffuse anche perché avveniva in lingua locale, usando la stampa. Fu solo con la Controriforma che la Lituania fu soggetta a una intensa opera di rievangelizzazione.
In particolare, fu il culto mariano che si sviluppò a Siluva che contribuì a riportare la Lituania nell’alveo del cristianesimo. A Siluva c’era una chiesa, un piccolo santuario eretto nel 1457, che era frequentato anche dai calvinisti. Ma il proprietario del luogo decise ad un certo punto di radere al suolo la Chiesa. Il vecchio parroco, però, fu pronto a mettere da parte l’icona della Vergine, gli arredi più preziosi e i documenti più importanti del santuario. Nascosto tutto questo in una vecchia cassa, la seppellìcon l’aiuto di un sacrestano presso un masso.
Nel 1612, dei pastorelli che pascolavano il gregge nella zona dove una volta era la chiesa videro una giovane donna che piangeva con un bambino in braccio. La notizia si diffuse, e subito il giorno successivo ci fu una vasta folla sul luogo dell’apparizione. Accorse anche il pastore calvinista, con l’obiettivo di disperdere l’assembramento.
La donna ricomparve, le venne chiesto del pianto, e lei risposte che lì una volta c’era una chiesa, e invece ora quel luogo era dedicato al pascolo.
La notizia di queste parole si diffuse, e raggiunse un uomo, molto anziano e cieco, che si rivelò essere il vecchio sacrestano. Portato sul luogo dell’apparizione, riacquistò miracolosamente la vista, indicò dove scavare e fece recuperare icona e arredi della chiesa. Il santuario rifiorì, così il culto mariano, e di conseguenza l’identità della nazione. La Chiesa riconobbe le apparizioni di Siluva nel 1775, mentre la chiesa attuale è stata costruita nel 1922.
Se la Lituania poté forgiare così la sua identità intorno al culto di Maria, diversa fu la sorte dell’Estonia, che nel 1600 fu prima spartita tra Ordine Teutonico e Polacchi e po passò sotto la sovranità svedese e vi rimase fino al 1721, anno in cui fu invece inglobata nell’Impero Russo.
Anche la Lituania passò sotto il dominio dell’Impero Russo nel 1795. Gli zar tentavano di russificare le nazioni, colpendone i simboli. La Chiesa di San Casimiro in Lituania fu requisita dall’esercito russo e poi ceduta alla chiesa ortodossa, i carmelitani furono allontanati dal Santuario della Porta dell’Aurora e nel 1866 furono proibiti i pellegrinaggi.
Eppure, il popolo lituano si oppose, sostenuto dalla fede cattolica. Persino il generale russo Mura’ev lo riconobbe, e scrisse allo zar Alessandro: “Non bisogna illudersi e occorre sapere che, fino a quando esisterà il cattolicesimo nel Paese, il governo non riuscirà a sottometterlo”.
Dopo la Prima Guerra Mondiale, le nazioni baltiche raggiunsero l’indipendenza. Non durò molto, fino al 1940, ma in quegli anni il culto mariano si espanse. Primo inviato vaticano in quelle terre fu Achille Ratti, il futuro Papa Pio XI, che arrivò a definire la Lituania “Terra di Maria”.
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Con la guerra, e poi il dominio sovietico, la Chiesa lituana conobbe nuove persecuzioni. I lituani espressero così nel pellegrinaggio ai santuari la loro fedeltà al cattolicesimo, e così anche nei monti delle croci, come quello di Siauliai. L’8 settembre 1991, alla fine del dominio sovietico, fu celebrata una grande Messa al santuario della Madonna di Siluva, dove venne riconosciuto ufficialmente il ruolo della religione e dei santuari nella ritrovata libertà della nazione.
A Vilnius, c’è un altro luogo che rappresenta l’identità della nazione: è la Cappella di Porta dell’Aurora, costruita tra il 1498 e il 1503, dove c’ l’immagine di Maria Madre di Misericordia, che vi è stata collocata nel 1508.
La statua fu rivestita in argento dorato verso la metà del 1600, e collocata in una cappella costruita sopra la porta. Da sempre, gli abitanti di Vilnius hanno attribuito la salvezza della città dalla protezione della Vergine.
Fu lì che fu esposta per la prima volta l’immagine della Divina Misericordia dipinta su indicazioni di Suor Faustina Kowalska. La suora, canonizzata da San Giovanni Paolo II venti anni fa, era proprio a Vilnius quando ebbe la rivelazione del Gesù Misericordioso.
Nei Paesi Baltici, c’è un altro santuario che ha un peso particolare: è in Lettonia, ed è il santuario della Madonna Nera di Aglona, considerato il “cuore ecumenico della nazione”. Sorse nel 1699, come una piccola chiesetta di legno dove c’era una statua che riproduceva l’immagine mariana del santuario lituano di Torki. Con il tempo, la statua si annerì, e divenne così una “Madonna nera”.
La chiesa divenne celebre grazie ai prodigi che vi si verificarono. Nel 1768, fu inaugurata la chiesa nuova. Rimase una meta di pellegrinaggio importantissima anche durante gli anni della repressione sovietica, che facevano di tutto per impedire ai pellegrini di arrivare. I pellegrinaggi avvengono numerosi nei giorni di Pentecoste e dell’Assunta.