“L’attività della hot-line è una manifestazione della responsabilità dei laici per la Chiesa e della cura per coloro che vi sono stati feriti”, ha detto l'arcivescovo Polak.
Quindi, l'arcivescovo Polak ha ricordato che gli standard di protezione dei bambini e dei giovani sono determinati anzitutto dalle linee guida vigenti in tutta la Chiesa in Polonia. Esse definiscono il modo di procedere nei casi di reati sessuali a danno dei minori e delle persone vulnerabili, commessi dai chierici e dagli altri impiegati delle istituzioni ecclesiastiche. Lo fanno in conformità con le attuali norme della Santa Sede e con la legge penale in vigore in Polonia. Esse stabiliscono anche i principi di prevenzione per proteggere i minori.
In questo contesto il Primate ha citato l’opinione del segretario aggiunto della Congregazione per la Dottrina della Fede, l'arcivescovo Charles Scicluna, espressa l’anno scorso, durante la sua visita in Polonia. “Ho valutato - aveva detto l'arcivescovo Sciclluna - i documenti e le linee guida della Conferenza Episcopale Polacca come molto buoni, ma ciò che conta è la loro applicazione che non sempre funziona come dovrebbe”.
Il Delegato dei vescovi polacchi ha sottolineato che anche la Chiesa in Polonia sta imparando ad applicare la nuova legge promulgata da Papa Francesco con il motu proprio “Vos estis lux mundi”.
La legge è in vigore dal 1° giugno 2019 e stabilisce l’obbligo di denuncia e istituisce una procedura specifica per trattare i casi di negligenza da parte di superiori ecclesiastici nel trattare i casi di reati sessuali commessi dal clero a danno dei minori. “Secondo questa legge, ogni chierico e laico che possiede informazioni credibili su tali negligenze è obbligato a denunciarle al metropolita e/o alla Santa Sede”, ha ricordato l’arcivescovo Polak.
Il Primate ha anche precisato che un esempio di applicazione di questa legge è stata la sua denuncia alla Santa Sede del caso del vescovo di Kalisz dopo le rivelazioni del film dei fratelli Sekielski. “Dopo aver visto il film, non potevo tacere o rimanere inattivo di fronte ai fatti presentati”, ha affermato l’arcivescovo Polak.
“La presentazione della denuncia non è una dichiarazione di colpevolezza del vescovo Edward Janiak, ma gli offre una reale possibilità di presentare argomenti in sua difesa nel quadro di un processo canonico. La Santa Sede ha competenza esclusiva per giudicare il caso”, ha aggiunto il Primate.
Secondo l'arcivescovo Polak, il punto di partenza di tutte le attività della Chiesa deve essere il bene delle persone che sono state ferite. Ha sottolineato che “il ripristino del senso di giustizia attraverso l’accertamento della responabilità e la punizione dei perpetratori di questi crimini è il primo segno di aiuto. Non si tratta solo di un passo doveroso verso le vittime, ma anche di un segno dell’amore e della cura da parte della Chiesa”.
Quindi, ha aggiunto che “le persone ferite dovrebbero essere aiutate anche con la terapia psicologica, consulenza legale e il sostegno spirituale. E siamo obbligati a farlo non solo dalla legge in vigore nella Chiesa, ma soprattutto dalla coscienza e dalla decenza umana” – ha indicato il Delegato della Conferenza Episcopale Polacca per la tutela dei minori.
Il Primate ha anche sottolineato che le sue azioni di Delegato derivano dal mandato ricevuto dalla Conferenza Episcopale durante l’assemblea plenaria nel marzo del 2019. Il Primate ha ricordato che nello stesso anno i vescovi polacchi hanno istituito anche la Fondazione di San Giuseppe. La Fondazione si propone di sostenere azioni e iniziative già esistenti e di offrire supporto alle nuove misure a favore delle vittime e per la protezione dei minori, sia a livello nazionale che quello diocesano. La Fondazione è finanziata da tutte le diocesi polacche in proporzione al numero di sacerdoti e vescovi che ne fanno parte. “L’istituzione della Fondazione è un’espressione di solidarietà della Chiesa in Polonia con le persone ferite”, ha detto l’arcivescovo Polak.
“Dobbiamo ammettere onestamente - ha continuato - che, nonostante le azioni intraprese in Polonia, dobbiamo lavorare costantemente per cambiare la nostra mentalità. C’è sempre molto da fare in questo settore. Dobbiamo anche ammettere onestamente che la legge in vigore nella Chiesa non è rispettata ovunque, e non tutte le vittime ricevono l’aiuto di cui hanno bisogno. Garantire la sicurezza dei bambini e dei giovani nella Chiesa è ancora una sfida per noi” .
L'arcivescovo Polak ha anche aggiunto che a questo scopo servono appunto le politiche di prevenzione elaborate e adottate nelle diocesi polacche e in molte congregazioni religiose. La loro applicazione nella pratica farà sì che gli ambienti della Chiesa diventeranno luoghi sicuri per i bambini e per i giovani.
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“Sono convinto che solo ponendoci di fronte alla verità ed assumendoci la responsabilità per il chiarimento di tutti i crimini e delle negligenze, ripristineremo la nostra credibilità e la Chiesa in Polonia riavrà la fiducia”, ha concluso il Primate.