Nel 1915 non c’era ancora un concordato tra Italia e Santa Sede e i chierici erano tenuti alla leva militare. Anche gli alunni del Romano furono richiamati. Partirono in più di cento, smisero la “paonazza” e vestirono il grigioverde.
Ancora una volta la comunità del Seminario si raccolse intorno alla Madonna della Fiducia. Nel 1916 venne inaugurata la nuova cappella del Seminario che era in un edificio antico del Laterano, la cappella di S. Nicola del XIII secolo. In quella occasione il rettore chiese ai seminaristi di scrivere una giaculatoria che sarebbe diventata il simbolo stesso del Seminario.
Fu don Francesco Borgoncini Duca, che diventerà cardinale, a vincere con la sua: Mater mea, Fiducia mea.
Il Papa legò alla giaculatoria una indulgenza e l’immagine nella cappella con la giaculatoria fu celebrata a gennaio del 1917. Era il momento più drammatico della guerra.
Il 3 maggio di quell’anno monsignor Domenico Spolverini angosciato per i tanti ragazzi al fronte che gli scrivevano sempre fece un voto alla Madonna della Fiducia perché tutti ritornassero sani e salvi.
“Deh! o Madre della Fiducia, proteggete tutti e salvate i nostri compagni nella presente guerra. Se voi ci ascolterete, come ce ne fanno sicuri i segnalati favori che ci largiste in passato, ci obblighiamo con voto ad ornare la vostra piccola immagine di più preziosa raggiera, e a ricordare con festa particolare il benefizio insigne col desiderio che per la pietà dei giovani seminaristi divenga perpetua. Trionfate adunque, o Madre, o Regina, in questa gara generosa impegnata con la vostra munificenza sovrana. Dite presto a quel Gesù che stringete al cuore quos dedisti mihi non perdidi ex eis quemquam. Scioglieremo allora l’inno giulivo, il lieto cantico dell’amore figliale e riconoscente, acclamandovi finché ci basti la vita, e poi – lo speriamo – negli anni eterni, Madre e Fiducia nostra. Mater mea. Fiducia Mea!”.
Dei più di cento partiti solo uno non tornò, ucciso da una granata. Ma il voto si poteva considerato esaudito e nel 1920 fu sciolto e la immagine fu incorniciata in una raggiera d’ oro.
E proprio in quegli anni di guerra nasce una grande novità: un periodico di notizie e informazioni. Si chiamava e si chiama ancora oggi Sursum corda.
L’idea era condividere notizie e spiritualità, vita quotidiana e una piccola posta per mantenere un contatto con tutti soprattuto con chi era la fronte.
Fu un successo immediato, molti scrivevano al giornale per ringraziare, anche Angelo Roncalli ne fu entusiasta.
Don Giuseppe De Luca storico, letterato e figlio del Romano scriveva: “ Intorno alla nostra piccola Fiducia fu addirittura una vampata paurosa di ardore. Questo rigoglio, precisamente di vita vissuta e sofferta, questa volontà di sacrificio, si effuse allora, nel Sursum”.
Benedetto XV amava i suoi seminari e aveva organizzato ogni anno una gara evangelica dei migliori seminaristi del Maggiore e del Minore, un certamen che si svolgeva nei Giardini Vaticani. In premio un orologio per i primi classificati.
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Alla sua morte Sursum ricordò tutte le udienze e gli incontri con il Papa.
Tra cambiamenti, novità e tradizione si arriva alla seconda guerra mondiale. Questa volta grazie al Concordato le camerate non si svuotarono ma le difficoltà si sentono. Nel 44 molti tornarono alle loro case quando erano iniziati i bombardamenti su Roma, ma arrivarono seminaristi da altre parti dell’ Italia accolti con generosità.
E il seminario servì ovviamente da rifugio e da centro di smistamento per la carità del Papa durante la occupazione nazista di Roma. Pio XII volle che i suoi ragazzi fossero in prima linea non a combattere ma a sostenere romani e rifugiati.
E tra loro anche personaggi di spicco come Alcide De Gasperi e tanti altri come risulta da un elenco del 6 febbraio del 1944.
Finalmente la guerra finì, e il Seminario riprese la sua vita. Tutto ormai era pronto per una nuova epoca, quella del Concilio Vaticano II.