Un altro criterio di scelta potrebbe essere, appunto, quello della continuità con il precedente sinodo. Laddove le Conferenze Episcopali non hanno eletto coloro che hanno partecipato al Sinodo 2014, ha provveduto il Papa. Si leggono così le scelte del Cardinal Luis Antonio Tagle di Manila (Filippine); del Cardinal Raymundo Damasceno Assis, di Aparecida (Brasile); dei cardinali Timothy Dolan (New York) e Donald Wuerl (Washington) dagli Stati Uniti; del Cardinal Laurent Mosengwo Pasinyia, di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo); del Cardinal Wilfried Fox Napier, di Durban (Sudafrica); del Cardinal Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, di Tegucigalpa, che è anche coordinatore del Consiglio dei Cardinali (e non sta partecipando ai lavori, perché ha dovuto fare un piccolo intervento chirurgico: ci sarà al Sinodo).
Sempre nel segno della continuità si testimonia la scelta dell’arcivescovo Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Tlalnepantla (Messico) e già presidente della Conferenza Episcopale Latino Americana, che in virtù di quell’incarico ha partecipato al Sinodo dello scorso anno.
Manca, però, nella lista dei presidenti di Conferenza Episcopale che il Papa ha riconfermato, pur se non eletti dai loro vescovi, André Joseph Leonard, arcivescovo di Bruxelles, che andrà presto in pensione. Anche qui, in un criterio generale si può leggere qualche eccezione. Però c’è Lucas Van Looy, salesiano, arcivescovo di Gent (Belgio) a ribilanciare la presenza belga, che sarà forte dell’arcivescovo di Anversa Johan Bonny, che viene inserito tra quelli che più di tutti vogliono adattare la dottrina alla situazione attuale, e che si è espresso per un riconoscimento delle unioni civili da parte degli uomini di Chiesa.
Nel segno della continuità con il Sinodo 2014
Poi, il Papa ha voluto confermare alcune sue nomine dello scorso anno: quelle del Cardinal Angelo Sodano, decano del Collegio Cardinalizio; del Cardinal Walter Kasper, uno dei più attivi promotori dell’agenda della Misericordia; del Cardinal Godfried Daneels, emerito di Bruxelles, anche lui considerato uno di coloro che vogliono adattare la dottrina ai segni dei tempi; dei gesuiti François Xavier Dumortier, rettore della Gregoriana, e Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica; di Padre Manuel Arroba Conde, della Pontificia Università Lateranense (della quale invece non è nominato il rettore); dell’arcivescovo Victor Fernandez, tra i più attivi collaboratori di Papa Francesco; di monsignor Pio Vito Pinto, decano del Tribunale della Rota Romana e deus ex machina della riforma della procedura delle cause di nullità.
Ma ci sono anche delle novità, come l’arcivescovo Sergio Eduardo Castriani di Manaus, e il gesuita George Vance Murry, di Youngstown, dagli Stati Uniti.
Un bilanciamento delle posizioni?
La posizione che prenderanno nel dibattito sarà facilmente comprensibile dal battage che riceveranno dalla stampa secolare. Ma di certo, un altro criterio da tenere d’occhio, quello del bilanciamento delle posizioni nel dibattito. Papa Francesco ha spesso detto che ama “hacer lìo,” fare rumore, e un dibattito vivo può permettergli di meglio prendere delle decisioni, dato che il Sinodo – ha spiegato lo stesso Cardinal Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, in una recente intervista ad Avvenire – non “sarà deliberativo”.
Tra i membri di nomina pontificia confermati ci sono anche i Cardinali Dionigi Tettamanzi ed Elio Sgreccia, esperti di bioetica, che sono piuttosto difensori della tradizione della Chiesa. Le loro posizioni fanno da contraltare a quelle dei cardinali Daneels e Kasper, per esempio.
Una sintesi tra nomine episcopali e pontificie può lasciar comprendere se le posizioni in campo sono state bilanciate dal Papa.
Partiamo dagli Stati Uniti. I vescovi americani hanno eletto gli arcivescovi Charles Chaput di Philadelphia, José Horacio Gomez di Los Angeles e Joseph Kurtz di Louisville (che è anche il presidente della Conferenza Episcopale), e il Cardinal Daniel Di Nardo. Sono tutti pro-family – l’arcivescovo Chaput si lamentò anche della confusione che i media avevano creato al sinodo dello scorso anno – e pro-life. Il Papa ha bilanciato con la nomina dell’arcivescovo di Chicago Blaise Cupich, che rappresenta tutt’altra linea rispetto a quella dei vescovi nominati dalla Conferenza Episcopale.
In Africa, i vescovi cattolici hanno rappresentato una delle voci più forti contro i gruppi che hanno provato a imporre una visione anti famiglia e pro aborto sul territorio africano. La posizione di alcuni di loro sarà presentata in un altro libro “Christ’s new homeland” (la Nuova Casa di Cristo), di prossima pubblicazione. La loro parola al Sinodo sarà forte.
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Non solo per la nomina pontificia al Cardinal Wilfried Napier, che è anche uno dei presidenti delegati, che fu una delle voci più dure contro la “relatio post disceptationem” dello scorso sinodo e che recentemente ha voluto sottolineare in una intervista ad ACI Stampa che “il Cardinal Kasper non è il teologo del Papa.”
Tra le nomine episcopali, troviamo l’arcivescovo Gabriel Charles Palmer Buckler, di Accra (Ghana), uno che non le ha mai mandate a dire ai governi occidentali rei di aver cercato di normalizzare l’omosessualità nelle nazioni africane, puntando il dito anche contro la World Bank, il Fondo Monetario Internazionale e le Nazioni Unite. La sua voce risuonerà poderosa al Sinodo.
Come risuonerà poderosa quella del Cardinal Robert Sarah, che sarà presente come Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. La sua battaglia all’ideologia del gender, nonché il suo amore per la dottrina spiegato con chiarezza e la sua ferma opposizione all’accesso alla comunione per divorziati risposati ne hanno fatto una delle voci più ferme in termini di dottrina. Ma il suo recente libro, “Dio o niente”, lo hanno fatto spiccare anche come uno dei cardinali con maggiore spiritualità.
Non c’è, però, il Cardinale nigeriano John Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, anche lui voce fortissima della Chiesa africana.
Sguardo all’Europa. La conferenza episcopale irlandese ha scelto l’arcivescovo Diarmuid Martin, di Dublino, che già era stato presente al Sinodo 2014, e che è accreditato tra i “pontieri” tra l’agenda della misericordia e l’agenda della dottrina. Ma ha scelto anche l’arcivescovo Eamon Martin, di Arnagh, la cui voce si è levata con forza per contrastare gli sforzi di legalizzare l’aborto in Irlanda del Nord.
L'influenza del Sinodo ombra