Città del Vaticano , mercoledì, 17. giugno, 2020 11:00 (ACI Stampa).
Al termine dell’udienza generale, Papa Francesco ha ricordato la “Giornata della Coscienza”, che è “ispirata alla testimonianza del diplomatico portoghese Aristides de Sousa Mendes, il quale, ottant’anni or sono, decise di seguire la voce della coscienza e salvò la vita a migliaia di ebrei e altri perseguitati”. Fu il 17 giugno 1940 che de Sousa Mendes ebbe la crisi di coscienza che lo portò, in disobbedienza al suo governo, a concedere visti agli ebrei in fuga a migliaia. Tra quelli che si salvarono, anche l’artista Salvador Dalì.
“Possa sempre e dovunque – ha detto Papa Francesco - essere rispettata la libertà di coscienza; e possa ogni cristiano dare esempio di coerenza con una coscienza retta e illuminata dalla Parola di Dio”.
Ma chi era Aristides de Souza Mendes? Nato nel 1885 e morto nel 1954, era console a Bordeaux nel 1940, durante l’occupazione nazista. E si ritrovò ad affrontare un dilemma morale: avrebbe dovuto obbedire agli ordini del governo o ascoltare la sua coscienza e dare agli ebrei visti che avrebbero permesso loro di scappare dalle forze naziste che avanzavano? De Souza Mendes scelse la voce della coscienza, questo terminò la sua carriera diplomatica sotto il dittatore portoghese Antonio de Oliveira Salazar, e finì la vita in miseria. Solo lo scorso 9 giugno il Portogallo ha garantito riconoscimento ufficiale al suo diplomatico disobbediente, e il Parlamento ha deciso che ci sarà un monumento con il suo nome nel Pantheon nazionale.
Il 14 giugno 1940, le forze naziste avevano preso Parigi, e ogni sorta di rifugiati, soprattutto ebrei, si era mossa verso Bordeaux, con la speranza di oltrepassare il confine con la Spagna e dunque fuggire dalla persecuzione nazista.
Il console portoghese, cattolico devoto, era amico di Chaim Kruger, rabbino capo della città, il quale era a sua volta scappato dal Belgio durante l’invasione nazista. Sousa Mendes offrì così al rabbino e alla sua famiglia un passaggio sicuro verso il confine spagnolo, ma dopo soffrì di una “crisi morale” quando Kruger rifiutò l’offerta, sostenendo che non poteva abbandonare le altre migliaia di rifugiati ebrei a Bordeaux.