Dal marzo 2019, Erdogan ha annunciato la volontà di cambiare Santa Sofia in un luogo di culto esclusivamente musulmano, e sottolineato che “è stato un errore molto grande” trasformarla in un museo.
È la fine del sogno di Ataturk, ma è anche il ritorno di una identità dello Stato costruita proprio sull’Islam. Di fronte a questo ritorno al passato, il patriarca della Chiesa apostolica armena a Costantinopoli Sahak Mashalian ha fatto una proposta provocatrice: sì, Santa Sofia sia aperta al culto, ma che sia culto sia di cristiani e di musulmani, perché “il tempio è abbastanza grande per essere usato da tutti”.
“Santa Sofia è stata fondata – ha raccontato Bashalian - grazie all’opera di mille lavoratori, spendendo una fortuna. Nei 1500 anni sono avvenute molte opere di riparazione, fra cui gli sforzi della fondazione Fatih Sultan, tutto è stato fatto per proteggere questo tempio come luogo di culto, e non certo come museo”.
Per questo, Bashalian ritiene che “che credenti inginocchiati che si prostrano con rispetto e ammirazione, meglio si adattino alla natura del luogo rispetto a turisti che vagano qua e là per scattare foto”, e che per questo propone che “Santa Sofia sia aperta al culto e una zona sia riservata ai cristiani”.
Sarebbe, secondo il patriarca armeno, anche un forte segno di dialogo, perché “la salvezza del pianeta è insita proprio nell’alleanza fra croce e mezzaluna crescente. E l’onore di presentare una pace simile al mondo sarebbe motivo di orgoglio per la Repubblica di Turchia”.
Proposta provocatrice, senza alcun dubbio. Che resta isolata anche nel mondo cristiano. La Chiesa ortodossa greca e il Patriarcato di Mosca non hanno lesinato critiche al gesto di Erdogan, accusato anche da una parte dell’opposizione di voler utilizzare la questione della ridestinazione di Santa Sofia a Moschea per non far pensare troppo alla crisi economica del Paese.
Ed è anche vero che un recente sondaggio ha messo in luce come il 73 per cento dei turchi sarebbe favorevole a riavere Hagia Sofia come moschea.
Si attende ora la scelta del Consiglio di Stato, che, dopo il fallito golpe del 2016, è sempre più sotto il diretto controllo della presidenza, e questo ha destato la preoccupazione di Atene, che ha chiesto all’UNESCO – Santa Sofia è patrimonio dell’Umanità - di intervenire. La reazione di Mevlut Cavusoglu, ministro degli Esteri, non si è fatta attendere: non si tratta di una questione internazionale.
La Chiesa Ortodossa Greca, che riconosce in Costantinopoli la sua sede madre, ha pubblicato una dichiarazione in cui si sottolinea che Santa Sofia “è un capolavoro di genio architettonico ed è riconosciuta nel mondo come uno dei monumenti più importanti della civilizzazione cristiana”, e per questo “qualunque tentativo di trasformarla in una moschea” sarebbe il tentativo di “trasformare uno spazio culturale in un trofeo e un simbolo di conquista”, provocando “forte proteste e frustrazioni nei cristiani di tutto il mondo, mentre danneggerebbe anche la Turchia in diversi modi”.
La preoccupazione del Patriarcato di Mosca è stata invece espressa dal metropolita Hilarion, capo del Dipartimento di Relazioni Esterne del Patriarcato, con dei commenti fatti in televisione lo scorso 6 giugno.
Il metropolita Hilarion ha fatto sapere che Santa Sofia “per milioni di cristiani in tutto il mondo, in particolare i cristiani ortodossi, questo tempio è un simbolo di Bisanzio e un simbolo di ortodossia. Fu costruita nel VI secolo dall'imperatore Giustiniano proprio come una chiesa ortodossa e divenne non solo un miracolo dell'architettura del suo tempo, ma anche la principale chiesa ortodossa dell'Impero Romano d'Oriente. Per noi, popolo russo, questo tempio è anche caro al fatto che gli ambasciatori del principe Vladimir erano lì al servizio, sentivano di non sapere se fossero ‘sulla terra o in cielo’ e hanno deciso di parlarne al principe Vladimir; secondo i risultati di questa ambasciata, il principe Vladimir prese una decisione storica per battezzare la Russia”.
Per questo, ha concluso Hilarion, “qualsiasi tentativo di modificare lo stato attuale di Hagia Sophia, che ora è un museo, porterà alla violazione dei fragili equilibri interreligiosi e interreligiosi che si sono sviluppati finora".
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Si vedrà cosa succederà il 2 luglio .