Padova , sabato, 13. giugno, 2020 14:00 (ACI Stampa).
Un lungo scampanio si concorre di chiesa in chiesa, per tutta la città, mentre scende una sera luminosa, in cui sembra che la notte non debba mai arrivare. Così Padova comincia la festa di Sant’Antonio, la festa più importante, che ha il suo incipit proprio nella notte tra il 12 e il 13 giugno.
Quest’anno il programma è stato modificato e il senso di gioia, di festa, di lunga veglia e attesa è sfumato, raccolto. Non si sono potute organizzare le processioni tanto partecipate, quella del Transito del corpo del Santo, che rievoca il lento e doloroso cammino che Antonio morente compì in un carro trainato da buoi da Camposampiero a Padova, dove voleva morire, ma che si fermo’ all’ingresso della città, dove oggi sorge il quartiere dell’Arcella. Quel lungo cammino in genere compiuto da tantissima gente, e soprattutto da giovani e famiglie, tra canti, preghiere e condivisione festosa, si è ridotto ad un piccolo giro sul sagrato della chiesa dell’Arcella, con una breve processione accompagnata da persone in costume storico, per rievocare appunto la notte della morte di Anotnio, avvenuta il 13 giugno 1231.
E il flusso dei pellegrini, sempre ininterrotto in questa occasione, oggi è lento, distanziato, piuttosto silenzioso. Eppure in tanti sono voluti venire lo stesso. Sono le sette del mattino, la grande festa, già iniziata nel cuore della notte, entra nel vivo. Sul sagrato della basilica di Sant’Antonio si formano le prime fila di chi entra per partecipare alla messa (se ne celebreranno otto in tutta la giornata) e per chi si siederà sulle sedie predisposte all’esterno. Marianna, con un fazzoletto giallo intorno al collo, sessant’anni, ci racconta di arrivare da Palermo. “Ho avuto paura di non poter venire, quest’anno, fino all’ultimo siamo stati in sospeso, non si sapeva che avrebbero permesso di spostarci da una regione all’altra. Ma ora sono qui e mi sembra un sogno”. Non le pesa la differenza tra le altre feste e questa, tra tante restrizioni e senza quella festosa confusione che regna solitamente in un giorno come questo. “Quel che conta è essere qui, pregare il Santo, stare con lui…”, spiega Marianna.
Il sole è ormai alto, splende e quasi scotta. Le sedie sul sagrato godono di un’ombra che, mano a mano, si sposta sempre più in là e il calore fa sventolare cappellini e fazzoletti. La gente continua ad arrivare, le sante messe vengono celebrate una dietro l’altra, ma con un intervallo necessario per sanificare l’interno della basilica, ogni volta. E fuori si attende, pregando ed esercitando una ammirevole pazienza. Qualche bambino, come da sempre accade, corre dietro ai piccioni, incurante del via vai dei fedeli.
Intorno i negozi e i bar si aprono, uno alla volta. Ma non tutti tirano su le saracinesche. C’è anche chi non aprirà mai più la propria attività. Anche qui il colpo inferto dal virus e dalle disposizioni per il contenimento della pandemia è stato forte. Un anno fa qui la gente faceva ressa per sedersi ad un tavolino o si accalcava nei negozi di souvenir e di oggetti religiosi. Ora è tutto tranquillo, pochi avventori. “Speriamo arrivino più tardi”, mormorano i camerieri di un caffè, proprio dirimpetto al sagrato della basilica.