Roma , sabato, 13. giugno, 2020 11:00 (ACI Stampa).
San Tommaso d’Aquino è rimasto noto come uno dei più grandi teologi della Fede cattolica. Il famoso santo, infatti, dal lontano 1567, ha il titolo di Dottore della Chiesa. Ma pochi sanno che proprio a lui sono attribuiti cinque inni eucaristici che ancora oggi fanno parte della Liturgia della Chiesa. Gli inni a cui facciamo riferimento sono presenti nel Messale Romano del 1570, voluto da papa Pio V, citato nel Catechismo della Chiesa Cattolica. Furono scritti, su richiesta di Papa Urbano IV, in occasione della prima festa del Corpus Domini che si tenne a Orvieto nel 1264.
La notizia ci giunge grazie alla “Hystoria” di Guglielmo di Tocco, discepolo di San Tommaso negli anni 1272-1274: “Egli scrisse l'Ufficio del Corpus Domini su richiesta di papa Urbano, presentando tutte le figure dell'Antico Testamento relative a questo sacramento e sintetizzando le verità che appartengono alla grazia nuova”. Bisogna però precisare che non tutti gli studiosi sono concordi nell’attribuire al santo queste composizioni. Un antefatto storico, però, “spezza una lancia” in favore dell’attribuzione a San Tommaso. La “Bolla Transiturus” di Papa Urbano IV (1264) che istituì la festa del Corpus Domini, fu promulgata ad Orvieto.
Ora, cosa c’entra, la città umbra con il santo? Cerchiamo di comprendere meglio. Già due anni prima - dal settembre 1261 - San Tommaso era stato nominato lettore nel convento domenicano di Orvieto. Con l’istituzione di questa festa - e dunque, con il nuovo Ufficio Liturgico da comporre - il colto Tommaso non poteva non essere coinvolto: ecco, spiegato il perché è facile attribuire anche i cinque inni al santo nativo di Roccasecca.
I cinque stupendi inni che fanno parte dell'ufficio si differenziano da tutti gli inni che siano mai stati scritti prima. L'inno per i primi e secondi vespri è il “Pange lingua”, che si canta nelle processioni del giovedì santo e termina con il notissimo “Tantum ergo”, da secoli il canto che accompagna la benedizione col Santissimo Sacramento. Nel mattutino, si recita il “Sacris Solemniis”, molto simile agli antichi inni ambrosiani.Di seguito a questo, viene cantato il famoso “Panis angelicus”, entrato - da diverso tempo - nel repertorio concertistico moderno. Abbiamo, poi, l'inno per le lodi, il “Verbum supernum prodiens” che presenta molte analogie con un canto della liturgia cistercense. Al termine di questo, troviamo un altro distico che veniva cantato un tempo durante la benedizione: stiamo parlando del “O salutaris hostia”. E’ necessario precisare che tutti gli inni citati trovano riscontro in liturgie precedenti, ma compaiono solo nell'ufficio romano del Corpus Domini, per intero e assieme.
In merito alla stesura degli inni, la tradizione tramanda un episodio assai particolare. San Tommaso, prima di presentarsi al cospetto del pontefice per proporre l’inno “Pange lingua”, si recò nella chiesa del convento di Orvieto per pregare davanti alla cappella del Crocifisso. Tommaso chiese al Signore di fargli conoscere il suo “parere” su quanto fosse stato scritto. E, il Crocifisso rispose, in semplicità: “Hai scritto bene di me. O Tommaso, e qual mercede desideri?”. San Tommaso, allora, rispose: “Non altro fuorché Voi stesso, o Signore”.