Nazareth , martedì, 15. settembre, 2015 9:00 (ACI Stampa).
Sono 47, servono 33 mila studenti e sono tra le migliori del Paese. Eppure, il taglio di fondi del governo israeliano ne sta mettendo seriamente a rischio l’esistenza. Da tempo, le scuole cristiane in Israele portano avanti una difficile trattativa per ottenere quello che spetta loro per legge: ovvero i fondi governativi per le scuole cosiddette “speciali,” che permetterebbero alle famiglie di pagare una retta sostenibile. Ma lo Stato israeliano, dal 2009, ha progressivamente diminuito la torta per le scuole cristiane, mentre non ha fatto lo stesso per le scuole di altre confessioni religiose. “Non vogliamo aiuti di Stato, vogliamo eguaglianza,” è lo slogan della manifestazione.
Si legge sulle magliette, nei sit in spontanei che si creano ovunque in Israele. Una trattativa è stata cominciata, poi interrotta, poi ricominciata. Da una parte, il governo israeliano, che vorrebbe al limite inserire le scuole cristiane tra le scuole pubbliche, potendone così controllare programmi ed assunzioni. Dall’altra le scuole cattoliche, che rivendicano l’applicazione della legge. Perché dall’educazione non vogliono prescindere.
L’arcivescovo Giacinto Marcuzzo, ausiliare di Nazareth e vicario per Israele, sottolinea che “per noi la scuola è molto importante. Ogni volta che c’è una Chiesa, c’è una scuola. La maggior parte delle nostre scuole hanno 150 anni, sono nate nella seconda metà del 1800. Per noi la scuola è l’avvenire. Non possiamo educare i nostri cristiani solo nella parrocchia. Noi siamo appena il 2 per cento della popolazione, siamo sommersi da una grande maggioranza di musulmani e di ebrei: se non abbiamo la scuola, i nostri cristiani piano piano si perdono. Il nostro grande problema qui è l’emigrazione. I nostri giovani non vogliono altro che partire. Noi facciamo l’impossibile per trattenerli, e significa che cerchiamo di educarli, di formarli, che siano qualificati, affinché abbiamo da trovarsi un lavoro, sposarsi, farsi una casa, avere delle radici e rimanere qui.”
Spiega il vescovo Marcuzzo che “in Israele dal ’48 in poi si era creato un buon equilibrio di educazione: lo dobbiamo riconoscere ad onore di Israele. La legge permetteva che lo Stato assicurasse l’insegnamento ad ogni bambino e ad ogni famiglia, e lo Stato lascia libera ogni categoria, ogni gruppo, ogni fede, di educare i suoi adepti secondo le sue convinzioni, il suo stile, il suo sistema.”
Ma – aggiunge – “in questi ultimi anni, a partire dal 2009, i fondi garantiti dallo Stato per le infrastrutture sono stati progressivamente tagliati.” Le famiglie si sono trovate così a coprire le spese che non arrivavano dallo Stato.