Il caso dell’immobile di Slaone Avenue
Fra il 2011 e il 2012, la prima sezione della Segreteria di Stato, il cui ufficio amministrativo è guidato dal 2009 da monsignor Alberto Perlasca, decide di investire su un immobile di lusso a Londra, a Sloane Avenue numero 60, nel quartiere di Chelsea. L’immobile è gestito dalla società 60 SA. La Segreteria di Stato vaticana ne sottoscrive l’acquisto per 160 milioni di dollari con il fondo lussemburghese Athena del finanziere Raffaele Mincione, che fa da intermediario.
Quando il fondo Athena viene liquidato, tra la fine del 2018 e la primavera del 2019, alla Santa Sede non viene restituito l’investimento. La Santa Sede rischia di perdere tutto se non acquista il palazzo..
Torzi era intervenuto proprio nel passaggio dal fondo Athena ad un altro fondo controllato al 100 per cento della Santa Sede. Il problema è che l’acquisto dell’immobile era incluso in una serie di schemi e schermi societari che non facevano figurare il Vaticano tra gli acquirenti, mentre veniva esaltato il ruolo del mediatore. Un modo per tirare sul prezzo. Ed è a questa situazione che fa riferimento il comunicato della Sala Stampa, quando parla di “di una rete di società in cui erano presenti alcuni funzionari della Segreteria di Stato”.
La Segreteria di Stato
È stata la stessa Segreteria di Stato a notare le incongruenze. L’accordo tra il fondo Athena e Torzi è siglato il 22 novembre 2018, ma già il 27 novembre arriva ai vertici della Segreteria di Stato un testo domanda-risposta sull’operazione.
In questo testo – pubblicato dal Corriere della Sera – si mette in luce come Torzi sieda nel consiglio della Gutt, la società lussemburghese che rileva il palazzo per conto del Vaticano, insieme all’avvocato Michele Intendente di Ernst&Young (che però agiva in proprio) e Fabrizio Tirabassi, officiale della Segreteria di Stato e ora tra gli indagati.
La nota rileva anche che Credit Suisse “è il principale operatore bancario della Segreteria di Stato dopo la chiusura del rapporto con BSI, su disposizione del Cardinale Pell”. Si legge anche che Credit Suisse ha accesso “un conto corrente ad hoc intestato a Gutt in seguito al buon esito della due diligence (verifica) sulla società e sul dottor Torzi”.
Nonostante i dubbi, Torzi viene inizialmente considerato affidabile. Eppure, sembra che Torzi abbia anche diritti sulla società che gli permettono di gestire il palazzo in autonomia.
La segnalazione all’Autorità di Informazione Finanziaria
Il sostituto della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Edgar Pena Parra, vede poca chiarezza nell’operazione e la segnala all’AIF. L’Autorità di Informazione Finanziaria ha emanato regolamenti precisi, che prevedono piena trasparenza di chi movimenta il denaro. E l’AIF consulta cinque UIF estere e blocca l’acquisto, comunicando la decisione sia all’UIF inglese che alla Segreteria di Stato.
Resta il fatto che il contratto obbliga la Segreteria di Stato all’acquisto. L’AIF ristruttura l’investimento, escludendo gli intermediari e facendo così risparmiare la Santa Sede. La Segreteria di Stato, a quel punto, si muove e chiede allo IOR risorse sufficienti per chiudere il vecchio mutuo e consentire di aprirne uno nuovo, così da concludere l’acquisto.
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Lo IOR dice no, coinvolge l’ufficio del revisore generale guidato ad interim da Alessandro Cassinins Righini, e si rivolge al promotore di giustizia vaticano, denunciando l’operazione per la scarsa chiarezza dei fondi da parte della Segreteria di Stato. La denuncia viene inoltrata il 2 luglio 2019 dal direttore generale dello IOR, Gianfranco Mammì, che ha prima avvertito direttamente il Papa, con cui ha un rapporto personale.
L’inizio delle indagini vaticane
L’8 agosto 2019, invece, è l’ufficio del revisore generale ad inviare un documento ai magistrati vaticani, per segnalare che quasi l’80 per cento delle riserve della Segreteria di Stato sono versate nella Credit Suisse, e non nello IOR, e tra l’altro è proprio attraverso Credit Suisse che si è arrivati al fondo Athena.
Per il revisore generale, il mancato utilizzo dello IOR crea un conflitto di interessi, perché si tratta di donazioni ricevute dal Papa per il sostentamento della Curia.
Il promotore di Giustizia, con la collaborazione della Gendarmeria avvia una operazione che ha portato al “raid” in Segreteria di Stato e Autorità di Informazione Finanziaria e alla sospensione di cinque funzionari.
Questi sono: due dirigenti della Segreteria di Stato, Vincenzo Mauriello e Fabrizio Tirabassi, un’ addetta all’amministrazione, Caterina Sansone, e due alti dirigenti vaticani: monsignor Maurizio Carlino, capo dell’Ufficio informazione e Documentazione, e il direttore dell’Aif (l’Autorità di informazione finanziaria) Tommaso Di Ruzza. A questi si è aggiunto successivamente monsignor Alberto Perlasca, che per dieci anni era stato a capo dell’Ufficio Amministrativo della Segreteria di Stato e che era stato poi trasferito alla Segnatura Apostolica.