La decisione è stata accolta dalla Conferenza Episcopale Francese con un lettera scritta dall’arcivescovo Eric de Moulins Beaufort, presidente dei vescovi di Francia, al primo ministro. La lettera è stata inviata lo scorso 15 maggio, e chiedeva sostanzialmente al governo di rispettare la decisione del Consiglio di Stato.
Centenario di San Giovanni Paolo II
Lo scorso 18 maggio, sono ricorsi cento anni dalla nascita di San Giovanni Paolo II. L’ambasciata di Polonia presso la Santa Sede ha raccolto sulla sua pagina web una serie di ricordi di vari ambasciatori.
Callista Gingrich, ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, ha ricordato che Giovanni Paolo II è stato il primo Papa a visitare la Casa Bianca nel 1979, e che ha compiuto in tutto sette viaggi apostolici negli Stati Uniti. L’ambasciatore ha in particolare ricordato il primo viaggio di Giovanni Paolo II in Polonia, laddove “il suo grido per la libertà ha rappresentato una risorsa di forza per milioni di persone in tutto il mondo.
Bogdan Patashev, ambasciatore di Bulgari presso la Santa Sede, ha voluto invece sottolineare la decisione del Papa santo di proclamare i santi Cirillo e Metodio come “patroni d’Europa, insieme a San Benedetto, dando una chiara dichiarazione della sua visione dell’unità del continente europeo, allora separato dalla Cortina di Ferro.
Georges Poulides, ambasciatore di Cipro presso la Santa Sede e decano del Corpo diplomatico accreditato, ha invece ricordato che Giovanni Paolo II “ha unito l’Europa dall’Atlantico agli Urali, ha cambiato il mondo, diventando artefice di una rivoluzione pacifica che si attendeva da tempo e che riguardava in special modo i giovani, la famiglia, le questioni sociali, il dialogo tra le religioni”, operando come “artigiano di pace”, ma anche incarnando “lo spirito del Concilio Vaticano II”, dando “nuovo impulso al dialogo interreligioso”.
“il suo straordinario magistero a favore del dialogo e della pace – ha proseguito Poulides - vive ancora dentro i nostri cuori, ancora oggi rappresenta una bussola sicura che ci indica la via della fratellanza e continua fonte di ispirazione per il nostro operato diplomatico”.
Nevan Pelicaric, ambasciatore di Croazia presso la Santa Sede, ha notato di poter dire con certezza che “dopo la Polonia, nessun altro Paese ha dedicato così tante chiese, istituzioni, monumenti e lapidi a Giovanni Paolo II come ha fatto la Croazia”.
Dall’ambasciata di Croazia è arrivata anche la testimonianza di Zlata Penic Ivanko, consigliere di ambasciata, la quale ha ricordato che Wojtyla “era un grande amico dei croati e a ha visitato la Croazia tre volte”.
L’ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede Eduard Habsburg Lothringen ha raccontato che “prima raffigurazione di San Giovanni Paolo II nella Basilica di San Pietro si trova proprio nella Cappella ungherese delle Grotte vaticane”, e che fu “Giovanni Paolo II a consacrare, quarant’anni or sono l’8 ottobre 1980, la nuova cappella dedicata alla Magna Domina Hungarorum”.
L’ambasciatore ha richiamato l’omelia di Giovanni Paolo II, il quale aveva sottolineato che “dall’opera dei santi che abbiamo commemorato è nata una civiltà europea basata sul Vangelo di Cristo, ed è scaturito un fermento per un autentico umanesimo, permeato di valori perenni, radicandosi, altresì, un’opera di promozione civile nel segno e nel rispetto del primato dello spirituale”.
Giovanni Paolo II inviò anche benedizioni agli ungheresi che al tempo erano di là della Cortina di Ferro, esortandoli a “conservare fedelmente e di accrescere sempre più le ricchezze spirituali del passato, e cioè il prezioso patrimonio religioso e il generoso amore alla patria”.
Jan Tombinsky, ambasciatore dell’Unione Europea presso la Santa Sede, polacco, ha invece ricordato come il Cardinale Wojtyla “era una figura ben nota e riconoscibile a Cracovia”, visibile e presente anche nelle grandi processioni che anche in tempo di comunismo fendevano la città di Cracovia. E ha notato come il cardinale non fosse considerato “attraente” per le omelie, perché “i giovani preferivano andare a Messa con una chitarra e cantare, cosa popolare negli Anni Settanta”.
Tombinsky ha raccontato che inizialmente le autorità comuniste videro nell’elezione di Wojtyla “la possibilità di ricostruire almeno parzialmente la fiducia sociale”, ma la visita del Papa nel 1979, che mostrò l’attaccamento dei polacchi alla Chiesa sfidando l’ideologia ufficiale, creò invece un corto circuito nel sistema.
L’ambasciatore Tombinsky era tra i giovani ammessi al servizio d’ordine, e notò un miliziano che chiese immagini del Papa per tutto il suo reparto.
Tombinsky ha poi sottolineato che l’attentato a Giovanni Paolo II del 13 maggio 1981 “fu percepito come un colpo diretto alle aspirazioni appena risvegliate del popolo polacco e al loro avvocato più importante sulla scena internazionale”, che portò anche ad una Marcia Bianca a Cracovia.
Tombinsky poté incontrare il Papa all’università Jagellonica nel 1983, dove il Papa aveva ricevuto una laurea honoris causa, perché fu tra i cinque studenti che donarono al Papa il suo cappello accademico. “In una breve conversazione – ha scritto - gli chiesi di ricordare e sostenere i nostri amici arrestati e imprigionati a causa delle loro credenze politiche”.
Sally Axworthy, ambasciatore del Regno Unito presso la Santa Sede, ha invece posto l’accento sulla visita di San Giovanni Paolo II in Gran Bretagna, visita che “segnò un momento storico nelle relazioni diplomatiche tra il Regno Unito e la Santa Sede, in quanto nel 1982 furono ristabiliti pieni legami diplomatici e fu nominato il nostro primo ambasciatore dal XVI secolo, Sir Mark Evelyn Heath. (Il Regno Unito aveva avuto un Inviato presso la Santa Sede dal 1914)”.
Si trattò di una visita di sei giorni, durante i quali il Papa toccò nove città in Inghilterra, Galles e Scozia, e pose l’ecumenismo al centro della sua visita. “Nella Cattedrale di Canterbury – ha ricordato l’ambasciatore Axworthy - il Papa e l'allora Arcivescovo di Canterbury, Robert Runcie, camminarono insieme per ricevere un gioioso applauso. Con la sua visita alla cattedrale fondata da Sant'Agostino di Canterbury nella sua missione in Inghilterra affidatagli da Papa Gregorio Magno nel VI secolo, San Giovanni Paolo II ha affermato con forza la determinazione delle chiese a camminare insieme. Questo dialogo ecumenico ha continuato a prosperare da allora”.
Malinda Dodaj, incaricato d’Affari dell’Ambasciata di Albania presso la Santa Sede, ha ricordato gli interventi di Giovanni Paolo II per aiutare l’Albania e gli albanesi ovunque si trovassero, e in particolare la sua visita in Albania del 1993. Congedandosi, il Papa disse di aver visto negli albanesi “il coraggio di una nuova democrazia, una democrazia che si sta muovendo con fiducia verso la libertà, dopo tanti anni infiniti e oscuri di dittatura e ateismo soffocante”.
Vaclav Kolaja, ambasciatore della Repubblica Ceca presso la Santa Sede, ha ricordato che la prima volta che ha visto l’immagine fu alla fine degli Anni Settanta, in una foto “appesa in sagrestia della Chiesa dell’Elevazione della Santa Croce nel mio paese nativo Strání”, una immagine che già mostrava un carisma particolare. Quindi, ha ricordato l’attentato del 1981, e quindi alla visita di Giovanni Paolo II in Cecoslovacchia nel 1990.
Fu durante questa visita che l’ambasciatore Kolaja vide Giovanni Paolo II “”per la prima e ultima volta dal vivo”, durante l’incontro a Campo di Letná a Praga in aprile del 1990. La Cecoslovacchia era il primo Paese di là della Cortina di Ferro visitato da Giovanni Paolo II dopo la caduta del Muro.
Giovanni Paolo II tornò in Cechia nel 1995 e nel 1997. Sebbene non abbia potuto incontrare mai il Papa polacco personalmente, l’ambasciatore Kolaja ha “apprezzato molto di aver potuto partecipare come l’Ambasciatore del nostro paese presso la Santa Sede alla messa in onore di San Giovanni Paolo II nella Basilica di San Pietro in Vaticano in occasione del 30esimo anniversario della canonizzazione di Sant’Agnese di Boemia”.
Jakob Stunf, ambasciatore di Slovenia presso la Santa Sede, ha invece voluto sottolineare che Giovanni Paolo II “sin dagli inizi ha supportato con grande benevolenza il processo di indipendenza slovena, ha contribuito in modo determinante affinché l'Europa iniziasse di nuovo a respirare con due polmoni ed ha anche visitato la Slovenia due volte, nel 1996 e nel 1999.
Jean Cornet d’Elzius, ambasciatore del Belgio presso la Santa Sede, ha ricordato di aver potuto ricevere la comunione dal Papa durante la Messa delle Ceneri a Santa Sabina, di aver partecipato ad alcune celebrazioni della visita del Papa in Belgio del 1985, e di essere a Roma durante le ore finali della sua vita.
Il Papa polacco – ha aggiunto – aveva “un legame speciale con il Belgio”, perché “per evitare la deportazione e il lavoro forzato in Germania, il giovane Karol Wojtyla si fece assumere alla fabbrica Solvay a Podgorze”. In più, Wojtyla aveva risieduto al Collegio Belga durante i suoi studi a Roma.
Presenta la credenziali l'ambasciatore argentino presso la Santa Sede
È arrivata a Roma nel centro della crisi del coronavirus, e dovrà gestire i rapporti tra la Santa Sede e la presidenza argentina Fernandez, che ha mostrato già le sue prime frizioni con l'approvazione della legge sull'aborto: Maria Fernanda Silva, ambasciatore di Argentina presso la Santa Sede, ha presentato le lettere credenziali al Papa il 23 maggio.
Silva ha già lavorato nell'ambasciata come numero 2, e ha una lunga esperienza. Laureata in Scienze politiche con specializzazione in Relazioni Internazionali nella Pontificia Università Cattolica Argentina, è nel servizio diplomatico argentino dal 1993. Ha lavorato nell’ufficio di Arbitrato Internazionale Argentina / Cile a Laguna del Desierto; alla direzione dell’America del Sud nella segreteria dell’ambasciata argentina a Santiago di Cile; come rappresentante argentina alla Commissione Economica per l’America Latina; come prima segretaria nella direzione dell’Europa Occidentale e consigliera nel gabinetto di Rafael Bielsa quando questi era cancelliere nel governo di Nestor Kirchner.
Settimana per la Laudato Si, il nunzio in Kenya pianta un albero
La celebrazione della settimana della Laudato Si nel suo quinto anniversario è stata sottolineata dall’arcivescovo Hubertus van Megen, nunzio in Kenya, con il gesto di piantare un albero.
È successo lo scorso 18 maggio a Nairobi. Il nunzio ha detto che “la creazione non rivela solo la nostra comunione simbolica con il Divino, ma è anche un concreto mezzo per la comunione nella famiglia umana e nella più larga comunità biotica”.
Alla cerimonia c’erano 15 persone, ed è stata trasmessa in diretta televisiva. L’arcivescovo Van Megen ha sottolineato che “tutto è correlato, noi esseri umani siamo uniti come fratelli e sorelle in un meraviglioso pellegrinaggio”, e ha sottolineato che il Papa “è anche critico per le enormi diseguaglianze che viviamo, perché mentre tolleriamo qualcuno, ci consideriamo migliori degli altri”.
La cerimonia a Nairobi era stata organizzata dal Global Catholic Climate Movement.
Taiwan, il presidente inizia il secondo mandato
C’era anche monsignor Arnaldo Catalan, incaricato di affari presso la Nunziatura Apostolica a Taiwan, all’inaugurazione della presidenza di Tsai Ing-wen a Taipei. La presidente di Taiwan ha iniziato il secondo mandato presidenziale.
Taiwan ha mostrato, in questi giorni di pandemia, di essere un buon partner per la Santa Sede, con molte iniziative umanitarie e di sostegno in tempo di coronavirus. La Santa Sede è uno dei pochi Stati che ancora riconoscono Taiwan come Stato.