Città del Vaticano , giovedì, 21. maggio, 2020 12:05 (ACI Stampa).
"Ricevere la gioia dello Spirito è una grazia. Ed è l’unica forza che possiamo avere per predicare il Vangelo, per confessare la fede nel Signore. La fede è testimoniare la gioia che ci dona il Signore. Una gioia così, uno non se la può dare da solo. Il mistero dell’Ascensione, insieme all’effusione dello Spirito nella Pentecoste, imprime e trasmette per sempre alla missione della Chiesa il suo tratto genetico più intimo: quello di essere opera dello Spirito Santo e non conseguenza delle nostre riflessioni e intenzioni. È questo il tratto che può rendere feconda la missione e preservarla da ogni presunta autosufficienza, dalla tentazione di prendere in ostaggio la carne di Cristo – asceso al Cielo – per i propri progetti clericali di potere. Quando nella missione della Chiesa non si coglie e riconosce l’opera attuale ed efficace dello Spirito Santo, vuol dire che perfino le parole della missione – anche le più esatte, anche le più pensate – sono diventate come discorsi di umana sapienza, usati per dar gloria a sé stessi o rimuovere e mascherare i propri deserti interiori". Lo scrive il Papa nel messaggio inviato alle Pontificie Opere Missionarie.
"È lo Spirito Santo - sottolinea Francesco - ad accendere e custodire la fede nei cuori, e riconoscere questo fatto cambia tutto. Infatti, è lo Spirito che accende e anima la missione, le imprime dei connotati genetici, accenti e movenze singolari che rendono l’annuncio del Vangelo e la confessione delle fede cristiana un’altra cosa rispetto ad ogni proselitismo politico o culturale, psicologico o religioso".
"Il mistero della Redenzione - ricorda ancora il Papa - è entrato e continua a operare nel mondo attraverso un’attrattiva, che può avvincere il cuore degli uomini e delle donne perché è e appare più attraente delle seduzioni che fanno presa sull’egoismo, conseguenza del peccato. La Chiesa – ha affermato Papa Benedetto XVI – cresce nel mondo per attrazione e non per proselitismo".
"Il fervore missionario - prosegue il Pontefice - non si può mai ottenere in conseguenza di un ragionamento o di un calcolo. Il mettersi in stato di missione è un riflesso della gratitudine. È la risposta di chi dalla gratitudine viene reso docile allo Spirito, e quindi è libero. Il Vangelo di Cristo può essere annunciato solo con umiltà. Mai si può pensare di servire la missione della Chiesa esercitando arroganza come singoli e attraverso gli apparati, con la superbia di chi snatura anche il dono dei sacramenti e le parole più autentiche della fede cristiana come un bottino che ci si è meritato. Si può essere umili non per buona educazione, non per voler apparire accattivanti. Si è umili se si segue Cristo".
"Uscire in missione per giungere alle periferie umane - ammonisce Papa Francesco - non vuol dire errare senza una direzione e senza senso, come venditori impazienti che si lamentano perché la gente è troppo rozza e primitiva per essere interessata alla loro merce. A volte si tratta di rallentare il passo, per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada. La Chiesa non è una dogana, e chi in qualsiasi modo partecipa alla missione della Chiesa è chiamato a non aggiungere pesi inutili sulle vite già affaticate delle persone, a non imporre cammini di formazione sofisticati e affannosi per godere di ciò che il Signore dona con facilità. Non mettere ostacoli al desiderio di Gesù, che prega per ognuno di noi e vuole guarire tutti, salvare tutti".