Vilnius , giovedì, 21. maggio, 2020 18:00 (ACI Stampa).
Nei confronti dei Paesi dell’Est europeo, San Giovanni Paolo II non abbandonò la linea diplomatica che era stata portata avanti fino a quel momento. Piuttosto, la arricchì con un vigoroso lavoro a favore dei diritti dell’uomo. “Per il Papa – spiega il Cardinale Audrys Backis, arcivescovo emerito di Vilnius – l’azione diplomatica rimase un semplice, ma utile, strumento al servizio della sua missione di pastore universale”.
Il Cardinale Backis è un testimone di eccezione di quel mondo diplomatico. Il padre, Stasys, era segretario dell’ambasciata lituana a Parigi quando i sovietici invasero la Lituania, e il cardinale crebbe in esilio in Francia, divenne sacerdote nel 1961 ed entrò nella carriera diplomatica della Santa Sede nel 1964, servendo nelle Filippine, in Costa Rica, Turchia e Nigeria. Nel 1973, fu chiamato a servire nella seconda sezione della Segreteria di Stato. Vi rimase fino al 1988, quando poi fu nominato nunzio nei Paesi Bassi, mentre nel 1991 fu inviato arcivescovo di Vilnius. Nel 2001, Giovanni Paolo II lo creò cardinale.
“Quando cominciai il mio servizio in Segreteria di Stato – racconta – la Santa Sede era riuscita a risolvere alcuni problemi spinosi, come i casi dei cardinali Mindszenty e Beran. Inoltre, la Santa Sede era riuscita ad avviare contatti più o meno stabili con un buon numero di Paesi oltre Cortina, come Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, e persino ad avviare relazioni diplomatiche con la Jugoslavia nel 1970. Con l’Unione Sovietica non si era riusciti a fare quasi nulla, c’erano contatti che non portavano a un vero dialogo. A un delegato ungherese che lodava la diplomazia pontificia perché sa dire cose sgradevoli senza offendere, il Cardinale Casaroli rispose ‘avrei preferito ascoltare cose gradevoli, anche se dette in modo un po’ offensivo’.”
Si trattava – spiega il Cardinale Backis – “della diplomazia dei piccoli passi, che non fu abbandonata sotto Giovanni Paolo II, ma fu accompagnata da una vigorosa azione a favore dei diritti fondamentali dell’uomo, della libertà religiosa, della libertà della nazione, che possiede una sovranità fondamentale in virtù della propria cultura, come il Santo Padre ebbe a spiegare nel suo discorso all’UNESCO nel 1980”.
Il Cardinale Backis sottolinea che “per il Papa, l’azione diplomatica rimase un semplice, ma utile, strumento al servizio della sua missione di Pastore universale. Una attività rivolta certo a salvaguardare la libertà della Chiesa e a ottenere la nomina di buoni vescovi, ma proseguita con uno sguardo, un respiro più ampio”.