Città del Vaticano , giovedì, 14. maggio, 2020 14:00 (ACI Stampa).
Lo scorso aprile il governo del Sovrano Ordine di Malta insieme al think tank londinese Forward Thinking ha lanciato il progetto "Doctor to Doctor", che consente il collegamento su una piattaforma virtuale di esperti sanitari per condividere le conoscenze e promuovere una migliore comprensione di best practices, protocolli e strategie da adottare per contenere l'infezione da Coronavirus tra la popolazione. Il progetto è operativo soprattutto in Medio Oriente.
A Stefano Ronca Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario dell’ Ordine di Malta in Italia abbiamo chiesto qual è la situazione dei profughi in Medio Oriente, come si gestiscono le misure sanitarie di contenimento in situazioni limite, quando si vive in campi etc?
I campi profughi servono per dare protezione a chi è in fuga dai conflitti armati o da calamità naturali. La protezione, che dovrebbe essere temporanea, diventa in realtà permanente per molti rifugiati. I campi ben gestiti hanno servizi di base e soprattutto garantiscono situazioni igieniche accettabili come la presenza di latrine e l’accesso all’acqua potabile. Ma è chiaro che in contesti come questi la velocità di diffusione di malattie trasmissibili rischia di essere molto più elevata, dato il numero di persone per metro quadrato. E questo a prescindere dall’attuale pandemia. Perciò è ancora più urgente prestare attenzione alle condizioni sanitarie, a partire dalla possibilità di lavarsi spesso le mani durante la giornata. Si tratta anche di una questione di educazione all’igiene. Uno dei fronti su cui l’Ordine di Malta è impegnato in numerosi paesi africani, per esempio, è quello delle campagne di informazione e sensibilizzazione sui comportamenti appropriati per ridurre le possibilità di contagio tra le persone.
Il progetto Doctor to Doctor sta funzionando? Chi risponde? In quali paesi si sta attuando?
Il progetto Doctor to Doctor è una novità importante perché introduce la possibilità di preparare meglio i paesi a gestire un’epidemia Covid-19. Si rivolge dunque in particolare a paesi che, a causa di povere infrastrutture sociosanitarie, crisi politiche o per gli effetti di guerre, non sono preparati a gestire una crisi sanitaria. Grazie alle tecnologie che permettono di raggiungere nello stesso momento persone localizzate in luoghi diversi, l’Ordine di Malta ha sviluppato un programma di scambio di “best practices” connettendo scienziati, epidemiologi e virologi nonché esperti di crisi nazionali europei con le autorità sanitarie ed i medici dei paesi del Medio Oriente. Siamo partiti dalla Palestina fino ad arrivare allo Yemen nei giorni scorsi. Ogni paese rappresenta particolarità diverse. Lo Yemen per esempio è un paese martoriato da 5 anni di guerra civile e minacciato da malattie mortali come il colera. È chiaro che le procedure di prevenzione del contagio, come il distanziamento sociale e la quarantena, sono difficilmente applicabili in contesti di guerra, dove le condizioni di vita sono già estremamente precarie, o in contesti ad alta densità di popolazione come la Striscia di Gaza. Nonostante questo, dobbiamo e possiamo fare qualcosa: non possiamo abbandonare queste popolazioni al loro destino. Il prossimo incontro online sarà con esperti sanitari del governo giordano: uno dei paesi con il maggior numero di profughi al mondo.