Roma , venerdì, 1. maggio, 2020 19:26 (ACI Stampa).
Gesù non viene riconosciuto dalla sua gente, non ne riconoscono i prodigi, perché i suoi compaesani lo vedono come il figlio del falegname. E così succede anche a noi, che non riconosciamo “tanti profeti, mandati da Dio sulla nostra strada, ogni giorno. Soprattutto deboli, che non contano. Quanti deboli sfruttati e non riconosciuti perché non contano nulla!”
È il centro dell’omelia di Don Benoni Ambarus, direttore della Caritas di Roma, che questa settimana celebra la Messa quotidiana organizzata dalla diocesi di Roma al Santuario del Divino Amore.
Le letture sono quelle della memoria facoltativa di San Giuseppe Lavoratore. Ma è anche il giorno in cui l’Italia viene affidata alla Madonna, per una iniziativa della Conferenza Episcopale Italiana.
Don Ambarus sottolinea che i compaesani di Gesù “fanno fatica ad accettare che in Gesù possa manifestarsi altro”, e l’atteggiamento non sarebbe stato diverso dal nostro nella stessa situazione. “È ovvio – dice don Ambarus - chi sia Gesù, e questo porta a non rendersi conto di altro. Qui l’ovvio non svela, ma vela”.
Continua il direttore della Caritas di Roma: “Gesù aveva vissuto trent’anni a Nazareth a fare il falegname come San Giuseppe, a vivere la relazione, la semplicità di vita, la povertà della vita. La quotidianità lo aveva fatto inquadrare da loro e quindi non riescono a fare il salto”.