Hong Kong , giovedì, 30. aprile, 2020 17:00 (ACI Stampa).
Lo scorso 18 aprile, la polizia di Hong Kong ha arrestato l’81enne Martin Lee, insieme ad altri 14 protestanti a favore della democrazia. Lee ha dimostrato per circa 40 anni per ottenere il suffragio universale ad Hong Kong, ma questo è il suo primo arresto. Ed è certamente un segnale del controllo che la Cina vuole esercitare sull’isola controllata dagli inglesi fino a metà degli Anni Novanta.
Le proteste democratiche sono state fortemente sostenute dalla Chiesa locale, e in particolare dal Cardinale Joseph Zen Zekiun, vescovo emerito di Hong Kong. In questo momento, la diocesi è senza un vescovo dopo la morte del vescovo Yeung ming-Cheung. L’amministrazione apostolica della diocesi è affidata al Cardinale John Tong Hon, vescovo emerito. Ma la voce forte della Chiesa locale delle proteste, che si unisce alle critiche forti del cardinale Zen all’accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi, fa sì che il Vaticano osservi la situazione con attenzione.
Papa Francesco ha inviato un telegramma ad Hong Kong quando ha sorvolato il Paese durante il suo viaggio in Giappone e Thailandia, ma in conferenza stampa ha preferito diminuire l’impatto del suo gesto. Un punto di vista particolarmente apprezzato dal governo cinese. E per la nomina del nuovo vescovo, sembra che questo sarà Peter Choy Wai-man, attuale vicario della diocesi, che non dispiace a Pechino. La scelta sarebbe caduta su di lui e non sull’ausiliare Joseph Ha Chi-shing perché questi è più vicino alle posizioni del cardinale Zen.
È in questa cornice che si inserisce l’arresto di Martin Lee. Benedict Rogers, fondatore dell’Hong Kong Watch, ha spiegato ad ACI Stampa che “l’arresto di Martin Lee, il nonno del movimento democratico ad Hong Kong, insieme ad altri 14 distinti politici pro democrazia ed ex parlamentari colpisce dritto al cuore ciò che rimane delle libertà, lo stato di diritto e l’autonomia di Hong Kong, presumibilmente con la speranza di sfruttare il fatto che le menti del mondo sono concentrate sulla pandemia del coronavirus”.
Non solo. Per Rogers si tratta del “completo abbandono delle promesse fatte alle persone di Hong Kong sotto la dichiarazione sinoò-britannica, un vulnus della Costituzione di Hong Kong, e un attacco al sistema basato su leggi internazionali. Il Partito comunista cinese sta chiaramente usando la pandemia come una opportunità per mettere in ginocchio Hong Kong. La comunità internazionale non può lasciarlo passare”.