Roma , martedì, 28. aprile, 2020 18:00 (ACI Stampa).
Sono state tante le reazioni suscitate dalle diocesi italiane e dai suoi pastori dopo il rinvio delle celebrazioni eucaristiche salvo i funerali con i parenti più stretti, massimo 15 persone. Nella serata di domenica, appena dopo la conferenza stampa del presidente del Consiglio, un comunicato della Cei, e una risposta abbastanza generica da parte del Presidente Conte.
Ieri tante prese di posizione e oggi interviste di alcuni vescovi sulla stampa italiana con posizioni a volte discordanti.
“Capisco e condivido l’impegno a far ripartire la macchina del lavoro. Ma con tutto l’apprezzamento per l’arte e gli splendidi musei del nostro Paese, mi pare che l’attenzione al bisogno-diritto di poter nutrire la fede debba essere non solo riconosciuta, ma non ostacolata oltremisura”, dice al quotidiano “La Stampa” Angelo Bagnasco, presidente della Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE), spiegando che “il sacrificio, che i cristiani hanno accettato con grande responsabilità e sofferenza, di non poter accompagnare in chiesa i propri defunti, ha mostrato una consapevolezza disciplinata, che merita maggiore attenzione nei fatti. Non si tratta di un premio o di una benevolenza, ma di considerazione”. Per il cardinale Bagnasco, arcivescovo di Genova, la persona “ha desideri non solo materiali, ma anche spirituali. Assicurare il pane della tavola è doveroso, ma non riconoscere anche il pane dello spirito significa non rispettare l’uomo e impoverire la convivenza”. L’esperienza della fede “genera energia morale, e questa è la vera forza di una società”.
“L’eucaristia per i credenti è anzitutto un bisogno, il bisogno del pane della vita”, sottolinea il cardinale Camillo Ruini, per anni presidente della Conferenza Episcopale Italiana in una intervista a “Il Giornale” sottolineando che “bene ha fatto la Conferenza episcopale a protestare con forza. Ora il governo ha il dovere di rivedere le sue posizioni”. Il porporato si augura che “da questa pesante esperienza l’Italia - cioè tutti noi italiani – impari a essere più solidale, anche quando il coronavirus sarà passato. Vorrei che riprendesse vigore la nostra fiducia in Dio, la capacità di mettere Dio al centro del nostro progetto di vita. Vorrei che finalmente ci preoccupassimo del futuro dell’Italia, quindi dei figli e delle nascite, senza i quali non c’è futuro. Vorrei anche puntare sulla libertà e sulla responsabilità, che sole possono mettere fine al nostro declino”.
Di “delusione” perché “non si è tenuto conto delle attese e dei sentimenti del popolo cristiano” parla al “Quotidiano Nazionale” il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, Massimo Camisasca.