Città del Vaticano , lunedì, 27. aprile, 2020 18:00 (ACI Stampa).
“Ricevere il battesimo non significò in alcun modo per Edith Stein rompere con il popolo ebraico. Al contrario ella afferma: “Quando ero una ragazza di quattordici anni smisi di praticare la religione ebraica e per prima cosa, dopo il mio ritorno a Dio, mi sono sentita ebrea”. Di questo ella è stata sempre consapevole: “appartenere a Cristo non soltanto spiritualmente ma anche per discendenza””.
Così Giovanni Paolo II il primo maggio del 1987 nel Duomo di Colonia descriveva la conversione di quella che oggi è una santa copatrona d’ Europa: Teresa Benedetta della Croce.
In quel giorno la suora filosofa morta in un campo di sterminio perché ebrea diventava beata. Undici anni dopo Giovanni Paolo II la dichiarava santa e nel 1999 lo stesso Pontefice l’aggiunge alla schiera dei protettori dell’Europa sempre più secolarizzata e sempre più bisognosa di evangelizzazione.
In quel secondo viaggio in Germania che dal 30 aprile arriva al 4 maggio il Papa polacco si reca sei mesi prima dell’apertura del Sinodo dei Vescovi, che si occuperà della “vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo”.
Una sfida importante in Germania più che altrove, e il Papa sceglie di parlare di questo tema e della beatificazione della Stein anche al Comitato Centrale dei Cattolici Tedeschi: “Edith Stein vide nel suo viaggio verso Auschwitz, una difesa del popolo ebraico al quale apparteneva e al quale si sentì unita fino alla sua morte tremenda. Ella diceva alla sua sorella: “Venite, andiamo per il nostro popolo!”. La testimonianza a Cristo e l’impegno verso il prossimo sono parte integrante della vita cristiana e sono profondamente legati alla missione salvifica della Chiesa e di tutti i membri della Chiesa”.