Venezia , sabato, 25. aprile, 2020 15:00 (ACI Stampa).
“Celebro per voi e con voi, in questa modalità virtuale, col desiderio grande di poter presto tornare a celebrare insieme”. Così il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia, aprendo l’omelia della Messa celebrata per la festa patronale di San Marco Evangelista.
“Gli uomini non sono isole – ha osservato Monsignor Moraglia - e se qualcuno aveva tale convinzione, Covid-19, in poche settimane, ha dimostrato che gli uomini sono una famiglia; una volta si usava questa espressione famiglia umana; Covid-19 ci ha ricordato che il vivere per l’uomo è sempre un convivere; la pandemia non ha fatto distinzioni tra Stati e Stati, in base all’appartenenza o meno al G7”.
“La salute, fino ad un recente passato, era considerata, dai più – ha aggiunto il Patriarca - bene individuale, della persona, ora, dopo Covid-19, nessuno non può non vederne la rilevanza sociale. Perciò tutta la visione della persona va ripensata in rapporto al bene comune. La sfida per un futuro inclusivo parte da un nuovo modo di intendere e investire sulla persona e sul bene comune che attraverso i principi, i criteri di giudizio, le direttive operative della dottrina sociale cristiana, declinati nel rispetto di una sana laicità, si traducano nel prendersi cura degli altri, del bene comune”.
“Abbiamo prodotto molto in termini di benessere e siamo caduti nel consumismo. Scienza e tecnica – ha proseguito il presule - hanno dato molto all’uomo, in termini di conquiste e realizzazioni, ma non hanno saputo dargli ciò che era necessario, ossia un’anima, una saggezza, un’etica in grado di governare l’enorme potenziale della tecno-scienza. Il fatto è che le conquiste devono riguardare l’intero orizzonte antropologico, in ogni sua dimensione, e non solo la ricerca genetica o gli studi economici”. Adesso “bisogna ricomprendere anche l’etica, la filosofia, la teologia”.
“Un uomo che non sa mettere in questione e ripensare il sistema che ha costruito e in cui vive con gli altri – ha concluso il Patriarca di Venezia - è destinato ad esserne divorato”. Necessaria dunque una “conversione evangelica” che “non può essere unilaterale, ma riguarda l’insieme, porta in sé una visione sulla realtà intera, rifrangendo, nella vita quotidiana, le sue scelte. In altri termini è conversione del cuore, dell’intelligenza, della memoria, dei sentimenti, degli stili di vita, affinché la fede sia amica dell’uomo, di tutto l’uomo”.