Bergamo , giovedì, 23. aprile, 2020 16:00 (ACI Stampa).
“La paura è un pericolosissimo motore di conflitti e di difficoltà nel rapporto con l’altro, quando non ha luoghi per passare dentro la parola e l’incontro. Ci si sente così esposti da rendere cieca anche l’evidenza che c’è chi è molto più fragile di noi, verso cui è giusto essere più attenti. La paura, vissuta da soli, ci avvelena. Passare dalla paura alla veglia reciproca è possibile, ma ci vogliono dei percorsi di accompagnamento, di pedagogia sociale. Se non lo facciamo, rischiamo di impedire la costruzione del dopo”.
Partendo da questa riflessione del professor Ivo Lizzola, docente di pedagogia sociale e di pedagogia della marginalità e della devianza presso l’Università degli Studi di Bergamo, gli abbiamo chiesto di spiegare quale ‘tempo’ ci attende dopo l’emergenza del coronavirus: “Questo è un evento drammatico, che travolge sicurezze e continuità. Impone la paura per il rischio e i limiti imposti alla vita. Non siamo abituati, in tanti, a perdere il controllo, la capacità di prevedere, di capire. L’evento rompe tutto questo! Certo, anche prima vivevamo grandi rischi (per gli equilibri della biosfera, lo scatenamento di violenze, l’incancrenirsi di odi e odiose diseguaglianze, di sfinimenti esistenziali, ...), e molti vivevano vite senza riparo, senza progetto, ‘scartati’ dal merito e dalla prestazione. Ma bastava non vedere, non sentire.
La speranza era già infiacchita e sordastra: anche la questione di Dio era un pò dissolta in moralismi e pratiche ‘private’. Ora l’evento: e il tempo si spacca, e si apre. Alla verità? Speriamo... Mi vien da pensare: e se l’evento fosse il ritorno di Gesù sulla terra? Troverebbe ancora la fede? Quali reazioni registrerebbe? Ricordiamo ‘La leggenda del Grande Inquisitore’, che Dostoevskij mette al cuore de ‘I fratelli Karamazov’? L’evento è quello, e la paura grande, la voglia di una continuità anche senza speranza è più forte. Anche dall’evento del ritorno di Gesù Cristo ci si vuol difendere. Vivere un evento è difficile. Ultima a morire, la speranza: e pare una invocazione dei salmi.
E’ invocazione di molti, bella; la sua radice è nella disseminazione della presenza della fraternità sollecita, per chi crede immagine del Padre, nei nostri giorni. Abbiamo sentito i segni di un amore fino alla fine, e oltre, di una attesa e di un perdono, fino alla fine e oltre. In gesti, occhi, presenze, persino in noi! A Sua immagine... La fiducia è un dono ricevuto, nella bellezza, nelle presenze, dell'incanto, nell'impegno, nella cura, nella tenerezza, nell'ansia per la giustizia, della dedizione fraterna. Presenza, promessa mantenuta. Viva. Si aprirà un tempo della promessa?”Quale ‘cura’ sociale è necessaria per sconfiggere la paura?
Il dolore spacca le comunità, rende lontani i sommersi ed i salvati, per usare la potente immagine di Primo Levi. Quando il dolore si fa carne, entra nei giorni, prende i gesti, impregna le cose, soffoca il respiro delle case, ... sì, ci sono passaggi in cui ha questo potere.