Varsavia , martedì, 14. aprile, 2020 18:00 (ACI Stampa).
Nella mattinata del 10 aprile 2010 avvenne una delle più grandi tragedie nella storia postbellica della Polonia: l’aereo di fabbricazione russa Tu-154M, con a bordo il presidente della Polonia Lech Kaczyński e la consorte, si schiantò nei pressi della città russa di Smolensk.
Morirono 96 persone tra cui le più alte cariche di stato compreso il presidente Kaczyński, l’ultimo Presidente della Repubblica di Polonia in esilio Ryszard Kaczorowski, i vice presidenti della Camera bassa del Parlamento e del Senato, un gruppo di parlamentari, i comandanti delle Forze Armate, gli impiegati della Cancelleria del Presidente, i capi delle istituzioni dello Stato, i funzionari dei ministeri, delle associazioni di ex combattenti, i familiari delle vittime di Katyń e l’equipaggio dell’aereo. Sono morti anche i vescovi militari della Polonia: il cattolico Tadeusz Płoski, l’ortodosso Miron Chodakowski, e il rev. Adam Pilch dalla Chiesa evangelica.
Quest’anno, come ogni 10 aprile, nell’anniversario della catastrofe di Smolensk, nella cattedrale dell’Ordinariato Militare a Varsavia si è svolta una preghiera ecumenica con la partecipazione dell’ordinario militare dell'esercito polacco mons. Józef Guzdek, l’ordinario militare ortodosso mons. Jerzy Pańkowski e il capo cappellano evangelico, il vescovo Mirosław Wola. Dopo le preghiere, i vescovi militari hanno acceso le candele davanti alla lastra che commemora la catastrofe di Smolensk e si sono recati nella cripta della cattedrale, dove riposa mons. gen. Tadeusz Płoski e il rev. col. Jan Osiński, vittime del disastro aereo.
Quest’anno, a causa della pandemia, le preghiere ecumeniche si sono svolte con la partecipazione di un gruppo molto piccolo di partecipanti, per rispettare le regole imposte dalle autorità sanitarie.
Va ricordato che il 10 aprile del 2010 la delegazione polacca era diretta a Katyń in Russia per le celebrazioni commemorative del settantesimo anniversario del terribile eccidio che è passato alla storia come “eccidio di Katyn”. Nella primavera del 1940 i servizi interni sovietici, il famigerato NKVD, uccisero quasi 22 mila cittadini polacchi, di cui 14,500 prigionieri di guerra (ufficiali, poliziotti, guardie di frontiera, guardie carcerarie) dai campi di Kozielsk, Starobielsk e Ostaszków e 7,3 mila prigionieri arrestati nella parte orientale della Polonia occupata dall'URSS. In questo modo i sovietici barbaramente decapitarono l’élite polacca (politici, militari, intellettuali, imprenditori, sacerdoti) e per decenni incolpavano di tale crimine i tedeschi.