Città del Vaticano , lunedì, 6. aprile, 2020 7:32 (ACI Stampa).
Trovare “una strada giusta e creativa” per risolvere il problema del “sovraffollamento delle carceri”, perché lì c’è “il pericolo che questa pandemia finisca in una calamità grave”. Papa Francesco torna a pregare per i carcerati nella Messa del mattino a Santa Marta, e lo fa con lo sguardo rivolto a “coloro che devono prendere decisioni”.
Una attenzione, quella ai carcerati, che Papa Francesco ha tenuto costante nelle preghiere del mattino: già l’11 marzo aveva pregato per i “carcerati che soffrono”, mentre il 19 marzo aveva rivolto l’attenzione alla questione delle rivolte nelle carceri, E quest’anno le meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo (che a causa dell’emergenza coronavirus non si terrà al Colosseo, ma sul sagrato della Basilica di San Pietro) sono state scritte dai carcerati del Due Palazzi di Padova, carcere che si pensava avrebbe potuto visitare quest’anno.
L’omelia è centrata sui poveri, perché il passo del Vangelo è quello in cui Marta e Maria accolgono Gesù in casa, con il risuscitato Lazzaro, e Maria cosparge Gesù di “un profumo di puro nardo”, molto prezioso, e Giuda chiede se non era meglio vendere quel profumo e dare il ricavato ai poveri. Lo stesso Vangelo specifica che Giuda lo disse “non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro, e siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro”.
Papa Francesco parte dalla fine del Vangelo, dalla decisione di uccidere anche Lazzaro perché “era testimone di vita”, ma poi si sofferma proprio sulle parole di Gesù: “I poveri li avete sempre con voi”.
La storia “dell’amministratore non fedele”, come era Giuda, è “sempre attuale” – spiega Papa Francesco – e sostiene che si applica anche “ad alcune organizzazioni di beneficenza, umanitarie, che hanno tanti impiegati e alla fine arriva ai poveri il 40 per cento, perché il resto serve per pagare lo stipendio a tanta gente. È un modo di prendere i soldi a tanta gente”.
Papa Francesco sottolinea che ci sono tanti poveri, dal “povero che vediamo, che è la minima parte”, e “i poveri che non vediamo, i poveri nascosti”, che “non vediamo perché entrano in questa cultura dell’indifferenza che è negazionista”, oppure entra nell’abitudine di vedere i poveri “come una cosa ornamentale”, un qualcosa con cui fare i conti.