Roma , giovedì, 2. aprile, 2020 10:00 (ACI Stampa).
Il 27 marzo 2020, IV venerdì di Quaresima, il mondo intero si è messo in ascolto di Dio, attraverso le parole del Vicario di Cristo, il Santo Padre Francesco, nel silenzio e nel vuoto delle piazze, delle chiese e della vita pubblica, in un momento doloroso e tragico per la nostra amata Italia e per tutta l’Umanità.
La pioggia incessante, che cadeva sul sagrato della basilica del Principe degli Apostoli, bagnava il Corpo di Cristo del Crocifisso di San Marcello, esposto insieme all’immagine di Maria Salus Populi Romani per impetrare la fine della pandemia.
Una pioggia le cui gocce sembravano cadere come le lacrime dell’umanità piangente, perché sofferente e smarrita, che chiede al Padre, per tramite del Suo Figlio, di essere soccorsa, salvata, abbracciata.
Una pioggia che sembrava ingiuriare il prezioso manufatto, ma che ha invece potentemente e realisticamente restituito significato e funzione a ogni opera d’arte realizzata dall’uomo, destinata al culto e alla devozione. Manufatti artistici, anche preziosi, prodotti nei secoli, che hanno senso solo nel contesto e per le funzioni primigenie per cui sono stati realizzati e a cui devono essere subordinati. Non dobbiamo aver paura di utilizzarli nelle nostre liturgie e devozioni, usando accortezza e delicatezza, affinché non prevalga il valore formale su quello significante.
Abbiamo pregato Dio guardando all’immagine di Cristo nel crocifisso di San Marcello e Gli abbiamo chiesto di liberarci dal pericolo contingente.