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Coronavirus, chiude in Afghanistan l’unica chiesa cattolica del Paese

La cappella nell’ambasciata italiana, frutto degli accordi tra Italia e Afghanistan del 1921, chiude a causa dell’emergenza covid-19

Cappella cattolica a Kabul, Afghanistan | La cappella cattolica nell'ambasciata italiana a Kabul | ambkabul.esteri.it Cappella cattolica a Kabul, Afghanistan | La cappella cattolica nell'ambasciata italiana a Kabul | ambkabul.esteri.it

Una delle nazioni più difficili per la Chiesa Cattolica è l’Afghanistan. Kabul è tra il pugno e mezzo di nazioni che non ha relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Non solo: nessun cittadino afghano è considerato appartenente al cristianesimo, e ogni conversione dall’Islam è oggetto di pressioni varie che possono portare fino alla morte. Per questo, la cappella cattolica nell’ambasciata italiana a Kabul era un punto di riferimento prezioso per pochi cristiani della nazione. Quella cappella è stata chiusa la scorsa settimana, perché lo stesso compound dell’ambasciata è stato chiuso per affrontare l’emergenza coronavirus.

La notizia è stata data da padre Giovanni Scalese, sacerdote barnabita che gestisce la cappella, attraverso una nota inviata a Fides, l’agenzia della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

Padre Scalese ha raccontato che già da fine febbraio era stata inviata una comunicazione con misure precauzionali per prevenire il diffondersi della pandemia, ma “sfortunatamente, il virus ha continuato a diffondersi”.

Scrive ancora padre Scalese: “”Anche se, grazie a Dio, in Afghanistan il contagio non ha raggiunto i livelli della Cina o dell'Italia, proprio l'esperienza di quei paesi suggerisce di non sottovalutare il pericolosità del virus. Il diffondersi dei primi casi a Kabul ha indotto le autorità dell'Ambasciata a chiudere il compound. Quindi, lunedì 23 marzo ho celebrato l'ultima messa con le suore. La partecipazione alla messa domenicale, comunque, si era già ridotta notevolmente nelle ultime settimane, un segno che molti sono già tornati nel proprio paese”.

Il padre Barnabita continua a celebrare la Messa privatamente, non sa se potrà vivere i riti della Settimana Santa perché per quelli c’è bisogno di alcuni ministri, esorta tutti a “vivere questo periodo di prova in uno spirito di penitenza e riconciliazione”, e ha invitato a pregare “ogni giorno la Coroncina della Divina Misericordia o il Santo Rosario.

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Al 27 marzo, i contagiati registrati in Afghanistan erano 80. Tra questi, due diplomatici e quattro militari italiani. Il tutto in una situazione di incertezza politica e con strutture sanitarie inadeguate a fronteggiare l’emergenza.

Alla Messa domenicale nella cappella dell’ambasciata italiana partecipavano circa 100 persone. La cappella era stata stabilita nel 1921, quando Italia e Afghanistan si accordarono per lo scambio di missioni diplomatiche permanenti. Nell’accordo, c’era anche la possibilità di ospitare un cappellano cattolico nella “legazione” italiana di Kabul.

Fu un gesto di gratitudine del re Amanullah, in quanto l’Italia era stato il primo Paese occidentale a riconoscere formalmente l’indipendenza dell’Afghanistan. Era la prima volta che un governo musulmano autorizzava una presenza cattolica nella zona dai tempi della conquista araba della Persia e dell’Asia centrale iniziata nel VII secolo.

La cappella fu affidata da Pio XI a un padre barnabita, Egidio Caspani, che arrivò a Kabul nel pomeriggio del Natale 1932. La prima Messa fu celebrata l’1 gennaio 1933.

La cappella attuale è stata costruita nel 1960, con i lavori cominciati il 15 agosto di quell’anno e terminati a dicembre, tanto che il 18 dicembre la cappella fu inaugurata alla presenza dell’arcivescovo Vittore Ugo Righi, nunzio apostolico a Teheran.

La missione cattolica non è mai stata espulsa, nonostante l’Afghanistan nel corso di quest’ultimo secolo abbia subito vari stravolgimenti politici, dalla monarchia alla repubblica, dal regime sovietico alla guerra civile, fino all’attuale emirato dei Talebani.

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Nel 2002 Papa Giovanni Paolo II ha eretto la Missione sui juris dell'Afghanistan, nominando il Cappellano dell'Ambasciata d'Italia Superiore ecclesiastico della stessa, con funzioni di Ordinario per i cattolici temporaneamente residenti nel Paese. 

I missionari che si sono succeduti a Kabul sono Padre Caspani (1933-1947), Padre Giovanni Bernasconi (1947-1957), Padre Raffaele Nannetti (1957-1965), Padre Angelo Panigati (1965-1990) e Padre Giuseppe Moretti (1990-2015). 

Attualmente la missione è retta da Padre Giovanni Scalese.