Roma , domenica, 29. marzo, 2020 19:28 (ACI Stampa).
Come Marta e Maria chiamarono Gesù perché il fratello che amava era malato, così siamo chiamati a fare anche noi, perché in quel richiamo c’è una certezza: che dove non c’è Dio e non c’è vita. E allora, è il tempo di credere, di rimanere “nella luce della professione di fede, sostenendoci nella luce perché senza sostegno continueremmo a inciampare a cade”, con l’appello di “non allontanarsi dalla Chiesa.
È il Cardinale Angelo de Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, a celebrare la Messa stasera. Lo ha fatto ogni sera per la prima settimana, poi c’è stata una turnazione con gli ausiliari, il rettore del Divino Amore e anche il direttore della Caritas Romana, ma la domenica sera è il Vicario stesso a salire al santuario e a celebrare. Sarà così fino a Mercoledì Santo.
Il Vangelo è quello della resurrezione di Lazzaro. Gesù non va subito dal suo amico, ma accoglie la richiesta. Non va subito perché “ci indica – commenta il Cardinale de Donatis – che c’è un oltre”.
Marta e Maria, sorelle di Lazzaro, chiamano Gesù dicendo: “Signore colui che tu ami è malato”. E il Cardinale de Donatis non può fare a meno di rimarcare che questa è “la constatazione smarrita e dolorosa di questi giorni”, e afferma che vorrebbe “poter essere davanti ad ogni letto di ospedale delle terapie intensive, delle vostre case”, e nello smarrimento rivolgersi a Dio come hanno fatto Marta e Maria.
Perché – aggiunge il Cardinale – “nella sofferenza ci rimane l’amore, ogni letto di dolore è uno scambio fecondo tra chi ama e chi si lascia amare. Ti presentiamo la fecondità di questo amore come l’offerta più preziosa di questa eucarestia.