Città del Vaticano , giovedì, 26. marzo, 2020 16:00 (ACI Stampa).
Rafforzare le azioni di prevenzione; espandere il supporto di scienze e azioni da parte delle comunità scientifiche; proteggere i poveri e i vulnerabili; dare una forma all’interdipendenza globale tra le nazioni; rafforzare la solidarietà e la compassione. Sono i cinque punti su cui si deve articolare la risposta al Coronavirus secondo i membri della Pontificia Accademia delle Scienze.
Con una dichiarazione pubblicata lo scorso 20 marzo, gli accademici vaticani, un gruppo che include studiosi di fama mondiale e tre Premi Nobel, hanno analizzato la risposta alla pandemia di Covid 19 e hanno delineato possibili piani di azione per affrontare l’epidemia in futura. Per comprendere la lezione e, in futuro, aggiustare le priorità per le risposte ad altre eventuali pandemie.
Prima di tutto, sottolineano gli accademici vaticani si devono rafforzare le azione di prevenzione. Si deve riconoscere – scrivono – l’esigenza di fare test su larga scala e di agire subito. “Abbiamo ricevuto – scrivono – avvisi dello scoppio della pandemia alcuni mesi prima che questa ci colpisse su scala globale. In futuro, dobbiamo meglio coordinare gli sforzi sia sul fronte politico che sul fronte sanitario, per preparare e proteggere la popolazione”.
Gli accademici puntano anche il dito contro “governi, istituzioni pubbliche, comunità scientifiche e media”, i quali “hanno fallito nell’assicurare una comunicazione responsabile, trasparente e adeguato”, cosa “cruciale per una azione appropriata”. Invece, avrebbero dovuto supportare le organizzazioni internazionali, mentre la società civile deve essere rafforza, perché “la soluzione delle minacce attuali non richiede solo cooperazione globale, ma anche azioni distribuite che possono solo essere intraprese in maniera soddisfacente dalle popolazioni locali”.
Gli accademici vaticani chiedono anche di rafforzare la ricerca di base, sottolineano che la scienza ha bisogno di “migliori finanziamenti a livello nazionale e transnazionale”, affermano che c’è bisogno di un maggiore supporto alle associazioni professionali e alla accademie scientifiche perché queste già ragionano in termini di risposta globale, e sottolineano, tra i campi di ricerca tra intraprendere, quello della diffusione di infezioni dagli animali agli esseri umani.