Camerino , sabato, 21. marzo, 2020 14:00 (ACI Stampa).
“Carissimi tutti, un giusto e normale timore invade tutti a motivo dell’infezione virale presente nella nostra terra e in varie nazioni e paesi. Mentre siamo tutti grati per quanto fanno medici, ricercatori e quanti sono predisposti ad affrontare tale emergenza, ci affidiamo alla preghiera, mettendoci in ginocchio per intercedere per il mondo. Questa situazione, infatti, ci avvolge con quel senso di smarrimento che sempre avvertiamo davanti all’imprevisto e all’ignoto, e ci consegna ancora una volta la consapevolezza della debolezza, della fragilità, della precarietà e del limite che sono propri della condizione umana.
E poiché santa Camilla Battista Varano non solo ha vissuto una realtà simile, ma ne è anche stata vittima morendo di peste il 31 maggio 1524, certamente lei intercede pace e salute per tutti, lei che promise: ‘Ed io dal Cielo, non mi dimenticherò mai di voi’. Sappiate che le comunità monastiche e religiose, stanno incessantemente pregando per tutti, ripetendo con la perseveranza delle sentinelle del mattino: ‘Salva il tuo popolo Signore, guida e proteggi i tuoi figli’. Preghiamo per quanti sono contagiati e per chi si prende cura di loro; per le nostre comunità, perché siano testimonianza di fede e di speranza in questo difficile momento, per quelle città che più sono state colpite e a cui è stato chiesto di farsi carico dell’accoglienza dei malati. Tra queste anche la nostra città di Camerino che oltre all’emergenza terremoto che ancora non ci abbandona, vive in prima linea anche l’emergenza Covid-19, in quanto individuata come punto ospedaliero di accoglienza per tutti i contagiati del nostro territorio”.
Partendo da questo appello per Camerino e per l’Italia, alla badessa del monastero ‘Santa Chiara’ della città, Madre Chiara Laura Serboli, abbiamo chiesto di spiegarci l’efficacia della preghiera in queste situazioni: “La preghiera per sua stessa natura appartiene all’ambito del desiderio e come ogni desiderio ha per oggetto qualcosa che ci manca. Per questo essa nasce da una condizione di privazione, di povertà, di fragilità, di limite. La radice della parola ‘preghiera’ è la stessa della parola ‘precario’ che in latino significa: ‘sospeso’, ‘incerto’, ‘dipendente dalla volontà altrui’. Preghiamo, infatti, perché avvertiamo la precarietà della nostra condizione; perché ci sentiamo vacillanti, sospesi nel vuoto, nel buio; perché la vita ci viene meno e insieme ci stringe alla gola; perché abbiamo paura e ci sentiamo smarriti, perché tutto attorno a noi ci sembra insensato. La molla quindi è questo profondo desiderio di vita, di luce e di senso. Ma non una luce qualsiasi, una vita qualsiasi, un senso qualsiasi: tutte cose che abbiamo già, ma che non ci bastano.
Noi cerchiamo e desideriamo Qualcosa o Qualcuno che non sia precario, come noi e come tutto nella realtà che ci circonda. Qualcosa o Qualcuno che ci liberi dalla nostra precarietà e dall’insensatezza della vita, dal limite che tanto ci angoscia. Partendo, allora, dalla complessità, contraddittorietà della situazione che stiamo attraversando, e abbracciandone la drammaticità, è nella preghiera che possiamo scoprire la presenza del Signore che, come Buon Pastore ci accompagna, mentre camminiamo nella valle oscura.
Per questo la preghiera è fonte di speranza certa, perché si fonda sulla fiducia che l'ultima parola su quanto viviamo, è la bontà di Dio Padre, che è fedele e stabile come la roccia. Preghiamo quindi, non perché il Signore smetta di ‘castigarci con questo flagello’, come se il coronavirus fosse una punizione di Dio che usa il dolore e il terrore per vendicarsi della nostra infedeltà e piegarci alla sua volontà. Piuttosto invochiamo il Signore perché illumini gli scienziati affinché scoprano presto l’antidoto e i governanti perché compiano scelte buone e giuste; doni forza agli operatori sanitari, sostenga i malati, consoli chi piange i propri morti, apra il cuore di tutti a condividere il dolore e a non rinchiudersi in sé stessi”.