La costituzione Pastor Bonus qualifica l’APSA come ufficio, e sottolinea che a questa spetta di “amministrare i beni di proprietà della Santa Sede, destinati a fornire fondi necessari all’adempimento delle funzioni della Curia romana”, e anche “i beni mobili ad esso affidati da altri enti della Santa Sede”.
Storicamente, l’APSA nasce dalla convergenza di due diverse amministrazione pontificie. La prima, a cui corrispondeva sino al Motu Proprio “Confermando una tradizione” dell’8 luglio 2014 la Sezione Ordinaria, ereditava la gestione del patrimonio rimasto alla Santa Sede dopo la presa di Roma. Per questo motivo, tra i beni dell’APSA ci sono anche immobili non redditizi, come chiese, catacombe, musei, scuole o caserme.
L’ex Sezione Straordinaria subentrò invece all’Amministrazione Speciale della Santa Sede, costituita da Pio XI con Motu Proprio del 7 giugno 1929 allo scopo di gestire i fondi versati dal governo italiano alla Santa Sede in esecuzione della Convenzione finanziaria allegata al Trattato del Laterano dell’11 febbraio 1929.
Se la Segreteria di Stato ha competenza di rappresentare la Santa Sede presso gli Stati e gli organismi di diritto internazionale, spetta all’APSA agire in nome e per conto della Santa Sede nei rapporti patrimoniali al di fuori dello Stato della Città del Vaticano.
È per questo che l’APSA ha la titolarità dei beni immobili della Sede Apostolica,
sottoscrive i contratti di lavoro con il personale dipendente, firma i contratti per le manutenzioni e gli appalti e con i fornitori di materiali e servizi, è intestataria dei conti correnti aperti presso banche italiane e di altre nazioni. I beni donati o lasciati in eredità al Santo Padre o alla Santa Sede entrano nel suo patrimonio e da essa vengono gestiti.
In campo finanziario, l’APSA è considerata alla stregua di una banca centrale, ed è l’investitore istituzionale-governativo dello Stato della Città del Vaticano e opera esclusivamente per conto e nell’interesse degli organi della Santa Sede o dello Stato stesso.
Teoricamente, l’APSA dovrebbe essere presieduta da un cardinale. Attualmente, presidente dell’APSA è il vescovo Nunzio Galantino, nominato nel 2018.
Con il motu proprio I beni temporali del 4 luglio 2016, Papa Francesco aveva “aggiustato” la grande riforma dell’economia di Papa Francesco, che con il motu proprio Fidelis Dispensator et Prudens aveva portato alla formazione della Segreteria per l’Economia, del Consiglio per l’economia e del Revisore Generale vaticano.
Con la riforma del fondo pensioni del Vaticano del 29 maggio 2015, il presidente dell’APSA aveva anche perso la presidenza del Consiglio di Amministrazione del Fondo, che con i nuovi Statuti veniva nominato, e non era più appannaggio diretto dell’APSA.
Si è trattato di una serie di aggiustamenti che erano cominciati nell’ottobre 2016, quando l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica aveva subito una piccola riforma che aveva cambiato le funzioni dei consultori, divenuti parte di un “supervisory board”, un annuncio arrivato proprio mentre venivano avviate le pratiche di due diligence (adeguata verifica) affidata agli esperti americani del Promontory Financial Group.
Questa prima riforma aveva creato un corto circuito, perché sembrava trattare l’APSA come una banca sebbene non lo fosse. Fino al 2016, l’APSA aveva dei conti, limitati a 23 persone (15 membri del clero e 8 laici), e per questo motivo per un periodo è rientrata anche sotto la giuridisdizione dell’Autorità di Informazione Finanziaria vaticana. La chiusura dei conti è terminata nel 2016, e quindi l’APSA non è più entrata sotto la giurisdizione dell’AIF, come sottolineato nel terzo rapporto sui progressi del Comitato del Consiglio d’Europa MONEYVAL.
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Sarà da vedere, con la nuova costituzione apostolica Praedicate Evangelium, se l’APSA manterrà il suo assetto attuale.