Papa Francesco indica come antidoto la “doppia docilità” ai giovani e alle loro esigenze”, ma anche “allo Spirito e a tutto quello che egli voglia trasformare”.
Questo significa, per Papa Francesco, uscire dalla retorica del “tutto sta cambiando”, retorica che poi finisce per “boicottare o impedire qualunque risposta o processo alternativo” oppure per lanciare “un ottimismo cieco”. Due estremi che “non sono doni dello spirito”, perché vengono entrambi da “una visione autoreferenziale”. Così come non si deve oscillare tra gli estremi dell’adattarsi alla cultura di moda e quello di “rifugiarsi in un passato eroico, ma disincarnato”.
Papa Francesco chiede ai figli di don Bosco di “coltivare un atteggiamento contemplativo”, che “permetterà di superare e oltrepassare le vostre stesse aspettative e i vostri programmi”, perché il salesiano del XXI secolo non è né pessimista, né ottimista, ma è chiamato ad essere “un uomo pieno di speranza, perché sa che il suo entro nel Signore”, e questa consapevolezza libera da un “atteggiamento di rassegnazione e sopravvivenza difensiva” e “rende feconda la nostra vita”, instaurando “processi educativi alternativi alla cultura imperante che, in non poche situazioni, finiscono con l’asfissiare e uccidere i sogni dei nostri giovani”.
Papa Francesco prosegue con l’identikit del salesiano del XXI secolo: non deve essere “né trionfalista né allarmista”, “allegro e speranzoso”, “non automatizzato ma artigiano”.
Papa Francesco delinea dunque quattro percorsi della “opzione Valdocco”, una opzione che deve riportare alle origini del carisma salesiano.
Primo punto dell’opzione Valdocco è “il dono dei giovani”, a partire proprio dall’oratorio salesiano, che fu “molto più di un gesto di buona volontà o bontà”, ma piuttosto “un atto di conversione permanente e di risposta al Signore”. Perché don Bosco – scrive Papa Francesco – “scegliendo e accogliendo il mondo dei bambini e dei giovani abbandonati, senza lavoro né formazione, ha permesso loro di sperimentare in modo tangibile la paternità di Dio e ha fornito loro strumenti per raccontare la loro vita e la loro storia alla luce di un amore incondizionato”.
È da qui che nasce la salesianità, un incontro “capace di suscitare profezie e visioni”, che porta ad “accogliere, integrare e far crescere le migliori qualità come dono per gli altri, soprattutto per quelli emarginati e abbandonati dai quali non ci si aspetta nulla”.
Papa Francesco sottolinea che “gli interlocutori di don Bosco ieri e del salesiano oggi “non sono meri destinatari di una strategia progettata in anticipo, ma vivi protagonisti dell’oratorio da realizzare”, alla stregua di “co-fondatori delle vostre case”, in una unione che ci ricorda che siamo “Chiesa in uscita”, ovvero una “Chiesa capace di abbandonare posizioni comode, sicure e in alcune occasioni privilegiate, per trovare negli ultimi la fecondità tipica del Regno di Dio”.
È una scelta “carismatica, non strategica”, annota Papa Francesco. E il carisma dell’opzione Valdocco è quello della presenza, perché siamo “formati nella missione, a partire dalla quale ruota tutta la nostra vita, con le sue scelte e le sue priorità”.
Così, la formazione non viene prima della missione, ma sono un tutt’uno, perché “la missione inter gentes è la nostra scuola migliore”.
Papa Francesco individua un ostacolo a questa missione nel “clericalismo”, che lui definisce come “la ricerca personale di voler occupare, concentrare e determinare gli spazi minimizzando e annullando l’unzione del Popolo di Dio”, dato che “vivendo la chiamata in modo elitario, confonde l’elezione con il privilegio, il servizio con il servilismo, l’unità con l’uniformità, la discrepanza con l’opposizione, la formazione con l’indottrinamento”.
Accusa Papa Francesco: “Il clericalismo è una perversione che favorisce legami funzionali, paternalistici, possessivi e perfino manipolatori con il resto delle vocazioni nella Chiesa”.
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Un secondo ostacolo è invece “la tendenza al rigorismo”, che “confondendo autorità con autoritarismo”, pretende “di governare e controllare i processi umani con un atteggiamento scrupoloso, severo e perfino meschino di fronte ai limiti e alle debolezze propri o altrui (soprattutto altrui)”.
Papa Francesco afferma che “coloro che accompagnano altri a crescere” sono chiamati ad essere “persone dai grandi orizzonti, capaci di mettere insieme limiti e speranza, aiutando così a guardare sempre in prospettiva, in una prospettiva salvifica”-
Gli educatori non sono chiamati a “soffocare e impedire la forza e la grazia del possibile, la cui realizzazione nasconde sempre un seme di vita nuova e buona”.
Papa Francesco sottolinea che “è urgente trovare uno stile di formazione capace di assumere in modo strutturale il fatto che l’evangelizzazione implica la partecipazione piena, e con piena cittadinanza, di ogni battezzato”.
Per questo, Papa Francesco individua nel “Fratello coadiutore” e le donne della famiglia salesiana i due antidoti alle tendenze clericaliste e rigorista. I primi perché “sono espressione viva della gratuità che il carisma ci invita a costruire”, e le donne perché “senza una presenza reale, effettiva delle donne, le vostre opere mancherebbero del coraggio e della capacità di declinare la presenza come ospitalità, come casa”.
Quindi, Papa Francesco delinea l’opzione Valdocco nella pluralità delle lingue. “La presenza universale della vostra famiglia salesiana è uno stimolo e un invito a custodire e a preservare la ricchezza di molte delle culture in cui siete immersi senza cercare di ‘omologarle’,” scrive Papa Francesco. E chiede di sforzarsi “affinché il cristianesimo sia capace di assumere la lingua e la cultura delle persone del luogo”, considerando che “l’unità e la comunione della vostra famiglia è in grado di assumere e accettare tutte queste differenze, che possono arricchire l’intero corpo in una sinergia di comunicazione e interazione dove ognuno possa offrire il meglio di sé per il bene di tutto il corpo”.