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Il miracolo della croce, le fake news per nasconderlo. Il martirio di padre Toufar

Settanta anni fa, il sacerdote cecoslovacco moriva dopo orrende torture. Interrogato a morte per dire che no, il miracolo della croce non era avvenuto, non volle mai rinnegare Dio. La sua storia

Padre Josef Toufar | Una immagine di padre Josef Toufar | Pinterest Padre Josef Toufar | Una immagine di padre Josef Toufar | Pinterest

Era arrivato nella lussuosa clinica di Praga del ministro degli Interni già in agonia, tumefatto, torturato, in fin di vita. E non è sopravvissuto a lungo dopo l’operazione. Ma padre Josef Toufar non ha mai rinnegato la sua fede, né ha mai voluto ammettere che no, il miracolo della croce che si era mossa sull’altare dietro di lui era stata in realtà una messinscena. Il 25 febbraio 1950, morì. Ma la sua storia venne scoperta solo anni dopo.

Ed è stata raccontata e ricordata di nuovo lo scorso 5 marzo, in una serata commemorativa del martirio di padre Toufar, organizzata dall’ambasciata della Repubblica Ceca presso la Santa Sede. L’occasione era la traduzione in italiano del libro “Come se dovessimo morire oggi”, del poeta e giornalista ceco Milos Dolezal.

È un anno particolare, per la Repubblica Ceca. Il settantesimo anniversario del martirio di padre Toufar si combina con il 30esimo anniversario del ristabilimento dei rapporti diplomatici con la Santa Sede. Rapporti diplomatici che erano stati interrotti proprio con la scusa della messinscena del miracolo della croce.

Era l’11 dicembre 1949 quando la croce si mosse per la prima volta. Josef Toufar è un sacerdote di Cihost, un villaggio nel centro della Repubblica Ceca. È diventato sacerdote a 38 anni, non perché abbia scoperto tardi la vocazione, ma perché per riguardo ai suoi genitori era rimasto a lavorare nella piccola proprietà di famiglia fino alla loro morte. Tutta la sua carriera sacerdotale si è consumata sotto i regimi totalitari: ordinato nel 1940 sotto occupazione nazista, muore nel 1950 a causa del regime sovietico.

In quell’11 dicembre, terza domenica d’Avvento, termina l’omelia dicendo: “In mezzo a voi c’è uno che non conoscete”. Indica il tabernacolo, e aggiunge: “Qui, nel tabernacolo, c’è il nostro Salvatore, lì vive, palpita e aspetta noi peccatori il misericordioso cuore del salvatore”. La croce sopra il tabernacolo si muove da sinistra a destra, ripete il movimento varie volte e poi si inclina verso il pulpito da cui predica don Toufar. Lo vedono distintamente i circa 20 fedeli che sono lì, non se ne accorge don Toufar.

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Il 25 dicembre, il prodigio si ripete. Come nella prima occasione, la notizia corre, velocissima e inarrestabile. E questo causa l’interesse della polizia nazionale e del suo ramo segreto, la STB. Nel 1948, infatti, i comunisti avevano con un colpo di Stato preso il potere assoluto in Cecoslovacchia. E così, due uomini arrivano nella casa parrocchiale di Cihost il 28 gennaio 1950, chiedono di poter visitare la chiesa, e poi escono dalla chiesa con il parroco. Don Toufar non sarà più visto in vita.

Un mese di interrogatori durissimi, lo picchiano, lo torturano con la corrente elettrica, non lo lasciano dormire, allo scopo di ottenere una dichiarazione che quel miracolo era stata una macchinazione. Ma lui rifiuta, e la notte si dice che canti canzoni religiose.

Il 23 febbraio è in fin di vita, non riesce a stare in piedi, non riesce a camminare e viene però portato a Cihost per registrare un cortometraggio-propaganda che punta a ricreare il presunto trucco del miracolo. Il 25 febbraio, don Toufar va in crisi. La sua morte non conviene a nessuno e lo portano in una lussuosa clinica di Praga, per operarlo. È tutto inutile. Viene seppellito, di lui non si sa nulla per quattro anni, fin quando i famigliari vengono informati della sua morte.

Nel 1968, durante la breve “Primavera di Praga”, la sua storia viene alla luce. E una delle infermiere che lo operarono testimonia: “Sono stata in un campo di concentramento, ho visto molte cose nella mia vita, ma non ho mai visto un caso di violenza così orribile. Sul suo corpo non rimaneva neanche un punto che non sanguinasse, dalla sua bocca uscivano continuamente saliva e sangue…”

La storia di Toufar fu utilizzata come scusa per chiudere ogni rapporto con la Chiesa cattolica in Cecoslovacchia. Cominciava allora una traversata nel deserto, con figure come quelle del Cardinale Beran rimaste in carcere per 16 anni. “Le cose – ha detto Vaclav Kolaja, ambasciatore della Santa Sede presso la Repubblica Ceca – sono cambiate nella mia nazione, i tempi in cui la Chiesa era perseguitata sono finiti, eppure è importante ricordare e commemorare quanti sarebbero dovuti essere messi sotto silenzio dal crudele regime comunista”.

Patrick Divis, redattore della Radio Ceca, ha messo in luce che “i metodi della propaganda restano sempre gli stessi. Sia che si tratti di un sistema totalitario nazista e comunista, sia che si tratti dei siti web attuali di disinformazione finanziati dai governi degli Stati. Sono state cambiate solo le piattaforme dell’espansione”.

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Ma la storia di padre Toufar, ha aggiunto, dà speranza e testimonianza, perché nonostante la campagna mediatica che si scatenò contro di lui, con la necessità di dare un “duro colpo contro la Chiesa cattolica”, la sua storia è rimasta viva.

Una storia che serviva anche a “testare la reazione del pubblico – ha detto Divis – perché ancora nei tempi del colpo di Stato comunista i due terzi dei membri del Partito Comunista erano credenti”.

La campagna mediatica, portata avanti per due mesi, con decine di articoli, ebbe successo, perché nessuno seppe della vera storia di padre Toufar, fino a quando questa fu “scoperta nel 1968 dal giornalista Jiri Brabenec”, e allora la gente cominciò ad avere in testa che la storia che ascoltavano era solo propaganda. Come era solo propaganda il film “Guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo”, il cortometraggio cui era stato fatto partecipare il moribondo padre Toufar, distribuito in 350 copie nei cinema, ma – dice Divis – “talmente poco autentico e inaffidabile, con numero si errori per esempio nella liturgia raffigurata, che dovette essere ritirato dal cinema”.

È stato poi Dolezai, nel 1989, a portare definitivamente alla luce la storia di padre Toufar. Quello di padre Toufar, ha detto, è “uno dei casi più sconvolgenti di tacitamento e di scempio della Chiesa del blocco centrale e orientale d’Europa. Il primo caso paradigmatico del sopruso totalitario”.

Nasce da qui l’ondata di attacchi ai cattolici, a partire dell’internamento dei vescovi alla chiusura dei monasteri maschili trasformati in carceri, campi di internamento e lavoro e reparti psichiatrico, l’attacco ai monasteri femminili, la manipolazione dei processi politici, il divieto dell’istruzione religiosa, gli omicidi e le persecuzioni di migliaia di famiglie cristiane.

Ha concluso Dolezai: “Sebbene il rapporto dei cittadini della Repubblica Ceca con la Chiesa cattolica sia piuttosto tiepido dopo tanti anni di appiattimento dei valori e di deformazione del passato, la figura e la storia di don Josef Toufar sono emblematici”.