esulteranno le ossa che hai spezzato.
Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe.
La basilica è un titolo antichissimo attestato prima della grande esplosione di culto di Cecilia come racconta la lapide tombale di un chierico. Dopo quella di S. Maria è una delle più famose chiese dei trasteverini e della Roma cristiana. Un portale barocco c'introduce nel caratteristico cortile rallegrato dal "cantato", un giovane che perennemente canta il suo inno al Signore come, all'interno lo canta Cecilia, patrona della musica.
Così i mosaici la rappresentano ai piedi del redentore insieme con i Santi e con Valeriano suo sposo che ella convertì. E poi gioielli del Pinturicchio e del Reni, gli altorilievi di Mino da Fiesole e di Benedetto da Maiano che raffigurano la Martire quando piega il collo alla spada del carnefice. Cecilia riposa ora nella sua tomba insieme con lo sposo Valeriano il cognato Tiburzio e l'amico Massimo accanto ai Pontefici Urbano e Lucio da quando Pasquale I dal cimitero di Callisto fece trasportare la salma intatta di Cecilia nella cripta.
Alla fine del 1200 fu Pietro Cavallini, il grande maestro della “Scuola Romana”, precursore di Giotto insieme all'architetto Arnolfo da Cambio a segnare lo stile della chiesa.
Alle spalle della basilica c’è il monastero benedettino. Le suore tra le altre attività, un tempo tessevano la lana e confezionavano i pallii per gli arcivescovi metropoliti, e allevavano gli agnellini che venivano benedetti dal Papa il giorno di Sant’ Agnese.
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