Città del Vaticano , lunedì, 9. marzo, 2020 18:00 (ACI Stampa).
Con il pontificato di Giovanni Paolo II inizia una vera novità: nasce la figura della vaticanista donna. Mi piace ricordarne una fra tutte, Paloma Gómez Borrero, per decenni corrispondente della COPE la radio dei vescovi spagnoli, e non solo. A lei mi legava una amicizia personale. Ci ha lasciati nel 2017. Oggi sembra normale a tutti che ci siano donne che si occupano di cronaca vaticana, ma non era così negli anni ’70.
Lei stessa lo racconta: “Io non discrimino le donne”, disse una volta il Papa in un pranzo di vescovi a Goa dove mi aveva invitato, unica donna, tra il suo seguito. E mi ricordo anche un benevolo richiamo al vescovo che aveva “discriminato” le suore per l’incontro con il pontefice, lasciandole fuori della Cattedrale dove erano solo preti e seminaristi”.
E così per Paloma Gomez Borrero, è stato semplice pensare durante un volo intercontinentale, a mandare una richiesta a Giovanni Paolo II che non aveva potuto finire la sua conferenza a causa delle turbolenze, perché le tre donne del volo avessero le stesse possibilità dagli uomini. La risposta fu pronta. Il Papa chiamò le tre giornaliste per una chiacchierata privata.
Per Wojtyła la donna è complementare all’uomo. Ed ecco un altro patto, più nascosto forse, meno esplicito e con conseguenze pratiche meno evidenti, ma che hanno aperto una strada che fino a poco fa sembrava impercorribile; un patto molto più rivoluzionario. Quello tra Karol Wojtyła e il genio femminile, tra Giovanni Paolo II e le donne.
Il Papa polacco ha recuperato un linguaggio che ci riporta ai Padri, all’immagine femminile della Chiesa antica, alla espressività femminile.