Mosul , venerdì, 28. febbraio, 2020 10:30 (ACI Stampa).
Era a Mosul che si era radunato lo Stato Islamico, ingolosito anche dal fatto che il “tesoro” dei funzionari governativi fosse nella sede della Banca Centrale del Paese. E da lì sono scappati, dal giorno alla notte, migliaia di rifugiati alla volta di Erbil, dopo che lo stesso esercito aveva annunciato che avrebbe lasciato la città. Oggi, sei anni dopo la crisi, la sconfitta dello Stato Islamico, il primo lavoro è quello di ricostruire. Ricostruire non solo le case, ma anche la fiducia. E soprattutto le chiese.
Nel centro di Mosul c’è la chiesa siriaco cattolica Al Tahera che è stata danneggiata in maniera profonda nel 2017. La chiesa è un simbolo di come Mosul si è trasformata.
La chiesa di al Tahera (San Tommaso) è stata costruita nel 1859 ed ha aperto nel 862, si trova nel cuore della città vecchia, che una volta era delimitata da mura ottomane situate sul lato ovest del fiume Tigri, all’opposto dell’antica città di Ninive. Era una chiesa diversa dalle altre, con diversi altari, un soggiorno e due sacrestie, ed era già stata rinnovata a circa 100 anni dalla ricostruzione.
Lo Stato Islamico la ha praticamente distrutta, e così il lavoro di ricostruzione è particolarmente difficile, perché gran parte dei suoi archi sono stati distrutti, come i muri esterni. Non solo: il tetto rimasto necessita rinforzo, pulizia e bonifica dalle mine, che sono sparse lungo tutti i 650 metri quadri del sito.
La ricostruzione è promossa dall’UNESCO e sponsorizzata dagli Emirati Arabi Uniti con un finanziamento di 50 milioni di dollari, come parte del loro programma sulla tolleranza che ha visto anche la firma della dichiarazione di Abu Dhabi tra Papa Francesco e il Grande Imam di al Azhar, la costituzione di un comitato per la implementazione della dichiarazione stessa e il progetto della costruzione di un Abrahamic Center proprio nella capitale degli Emirati.