Perché avete voluto un colloquio con Papa Francesco?
Per diverse ragioni. Prima di tutto, per parlare della drammatica situazione in Medio Oriente, in Siria, Iraq e Libano. I leader cristiani sono coloro che hanno uno sguardo di insieme conoscono anche le comunità fuori dalla loro terra e comprendono che queste tensioni sono una minaccia alla sopravvivenza dei cristiani nell’area.
Cosa ha detto Papa Francesco?
Ci ha ascoltato da fratello. Ha detto proprio così: io sono vostro fratello.
Cosa si aspetta ora della Santa Sede?
Mi aspetto che la Santa Sede continui a difendere tutti i cristiani perseguitati nel Medio Oriente. C’è una situazione politica che non è promettente per il futuro di quelli che sono in minoranza e non hanno i mezzi per difendersi e dare sicurezza alla comunità.
Cosa avete detto a Papa Francesco?
Lo abbiamo ringraziato per quello che sta facendo. Gli abbiamo spiegato che la situazione non è facile a causa della sporca politica portata avanti da molti politici occidentali, che vedono nella situazione mediorientale una opportunità per difendere i loro interessi. Siamo grati a Papa Francesco per quello che fa e gli abbiamo esposto la situazione delle nostre comunità sia nella loro casa originaria, sia in diaspora.
Quale è la situazione in Medio Oriente?
I cristiani stanno lasciando la loro casa in Medio Oriente perché non credono nella situazione, che è guidata da forze opportunistiche. Siamo stati abbandonati dai politici e siamo stati traditi. Siamo una regione ricca, eppure siamo stati lasciati indietro. Non è onesto, non è giusto. Ci ritroviamo soli, siamo minoranze che però deriviamo dagli annunciatori del Vangelo. Il Medio Oriente è la culla del cristianesimo, siamo tutte Chiese di fondazione apostolica e antiche sedi. Quello che sta succedendo è molto triste.
All’inizio del mese, l’amministrazione USA ha presentato il cosiddetto Deal of the Century, il piano per la pace in Israele, che prevede anche Gerusalemme capitale di Israele e non della Palestina. Quali sono le vostre reazioni?
Per noi, il piano porta più minacce che soluzioni. È descritto come un piano di pace, ma non lo è realmente. Le comunità che avevano maggiore interesse non sono state considerate. Di nuovo, i politici dell’Occidente non uniscono i loro sforzi per richiedere soluzioni per israeliani e palestinesi, specialmente allo scopo di preservare i riti sacri per tutte le soluzioni. Al limite, possiamo dire che il piano ha il merito di riaprire la questione, e ci saranno nuovi sforzi per fare in modo che questi popoli vivano insieme.
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Cosa si aspetta dall’incontro di Bari?
Che apra gli occhi alle nazioni europee. Guardando fuori dall’Italia, e alle nazioni mediterranee, i cattolici italiani mostrano tutta la loro preoccupazione per la sopravvivenza delle comunità cristiane. È la prima volta che la Chiesa Cattolica Italiana fa un passo del genere per guardare alla nostra sofferenza e trovare un modo di aiutarci. Non si parla solo della presenza cristiana, ma delle persone del Mediterraneo.