Città del Vaticano , mercoledì, 19. febbraio, 2020 15:00 (ACI Stampa).
Ancora nulla di fatto per la riforma della Curia. Il Consiglio dei Cardinali termina oggi la sua 33esima riunione, e rimanda ad aprile la rilettura del testo della Praedicate Evangelium, la costituzione apostolica che dovrebbe definire competenze e compiti della nuova Curia targata Papa Francesco.
“Il testo della nuova costituizione – si legge nel comunicato della Sala Stampa della Santa Sede – rielaborato alla luce dei contributi offerti dai dicasteri della Curia Romana e da alcuni esperti, è stato oggetto di lettura approfondita e revisione da parte del Consiglio, anche a seguito di alcuni suggerimenti giunti in queste ultime settimane da Cardinali residenti a Roma che non avevano ancora avuto occasione di inviare le loro proposte”.
Si tratta, insomma, di una proposta ancora in elaborazione, che è stata riletta e discussa dai sei cardinali rimasti a comporre il Consiglio, coordinati dal Cardinale Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, e che lo sarà di nuovo nella sessione di aprile. Partecipa alle riunioni anche il vescovo Marcello Semeraro, segretario del Consiglio, e il vescovo Marco Mellino, segretario aggiunto, incaricato a dare coerenza giuridica e canonica al testo.
La riforma teorica è comunque sopravanzata dalla riforma pratica già portata avanti da Papa Francesco. Nel suo discorso di auguri natalizio agli officiali della Curia romana, Papa Francesco ha indicato, in particolare, quattro dicasteri:il dicastero per l’Evangelizzazione, la Congregazione per la Dottrina della Fede, il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e il Dicastero per la comunicazione.
È già realtà la decisione, inclusa nella Praedicate Evangelium, di non avere persone in servizio in ruoi apicali in Curia per più di dieci anni, come dimostra il recente trasferimento dell’arcivescovo Cyril Vasil dal posto di numero due della Congregazione delle Chiese Orientali a quello di amministratore dell’eparchia di Kosice, in Slovacchia, la sua casa, o anche la riforma dell’ufficio del Decano del Collegio Cardinalizio, nomina non più a vita ma per massimo dieci anni (due mandati di cinqwue anni).