Roma , lunedì, 17. febbraio, 2020 9:00 (ACI Stampa).
Il nodo è sempre quello: il primato petrino. Dal documento di Ravenna del 2007, cattolici e ortodossi riuniti congiuntamente hanno riconosciuto che la Chiesa di Roma aveva un primato sulle altre Chiese. Ma il dialogo teologico si è fermato su “come” questo primato dovesse essere esercitato. Ed è proprio quello uno dei nodi principali sul cammino della piena unità. Un nodo che potrebbe essere risolto guardando alle Chiese cattoliche di rito bizantino.
Ne è convinto l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, che lo scorso 14 febbraio ha tenuto all’Angelicum una conferenza nell’ambito della Cattedra Tillard, un ciclo di conferenze organizzato dal Pontificio Consiglio della Promozione dell’Unità dei Cristiani per il 25esimo anniversario dell’enciclica Ut Unum Sint di San Giovanni paolo II.
Proprio in quell’enciclica, ricorda Sua Beatitudine, San Giovanni Paolo confermava “la dottrina cattolica circa il ministero del vescovo di Roma”, ma invitava allo stesso tempo “a interpretare l’esercizio di questo ministero in una prospettiva nuova.”
Il tema del primato petrino è cruciale nel dialogo cattolico ortodosso, e già il Cardinale Lubomyr Husar, predecessore di Shevchuk alla guida della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, aveva messo in luce come “il primato petrino non deve essere motivo per non procedere al ristabilimento della comunione”, ma è piuttosto “una verità di fede alla fin fine riconosciuta da tutti coloro che tutt’oggi riconoscono la tradizione antica”.
Prendendo le mosse dalle parole di Husar, l’arcivescov maggiore Shevchuk ha rigettato l’appellativo di “uniate” per la Chiesa Greco Cattolica Ucraina, e sottolineato che si tratta piuttosto di “una ecclesia particularis sui iuris” nel senso pieno del termine, un ponte tra oriente e occidente che può aiutare anche in questo percorso per la piena comprensione del primato petrino.