Roma , venerdì, 14. febbraio, 2020 18:00 (ACI Stampa).
Chiunque vuole salvare la propria vita, la perderà. Chi la perderà, l'avrà salvata. Il dettato evangelico parla chiaro, eppure gli uomini, e oggi più che mai, si ostinano a ignorarlo, se non addirittura a interpretarlo al contrario.
Perché oggi più che mai siamo ossessionati dall'idea del successo, dell'essere apprezzati, seguiti, o meglio ancora, secondo l'ossessione contemporanea, di avere più like possibili sui social. Niente spaventa più del fallimento, eppure mai come oggi è facile proprio sentirsi falliti, soli, disperati. Rinchiusi in un individualismo narcisista, deresponsabilizzato. Così risuona tanto più incalzante la domanda: cosa significa riuscire nella vita? Come riflettere con oggettività, razionalità e fiducia su questo tema fondamentale? Se poi ci fermassimo a pensare che nell'economia dell'universo siamo meno di un'ombra che passa.
A tutto questo Roberta Russo, traduttrice, studiosa di storia sacra e misticismo, ha dedicato un saggio appena pubblicato per le edizioni Terra Santa. Pagine scritte con l'intento di infondere speranza e un briciolo di sicurezza in più. Si può dire che nella vita siamo veramente riusciti, spiega l'autrice, quando e se riusciremo a diventare quelli che siamo chiamati ad essere. Dobbiamo accettare il rischio di una ricerca che ci chiede d rischiare, di accettare i fallimenti, le cadute, l'impopolarita' quando non addirittura il disprezzo. Si tratta di ritornare alle radici più autentiche del nostro essere, come invitava a fare Sant'Agostino: "Rientra dentro di te, è nelle profondità di te stesso che abita la verità".
Viviamo in un tempo di profondo disorientamento, di ansia perpetua, come se fossimo davvero convinti che la vita si può sempre tenere sotto controllo, in tutti i suoi aspetti, che siamo sempre noi a determinare gli avvenimenti e quando fatalmente constatiamo che così non è, cadiamo nella frustrazione e nella disperazione. Abbiamo perso il senso dell'affidamento, come sottolinea anche l'autrice, quello cioè di sapere che non tutto dipende da noi, che il nostro sguardo deve andare verso l'alto.
I capitoli della riconquista di noi stessi e del nostro destino, così come li "ordina" l'autrice, sono sostenuti, per così dire, da esempi concreti di come si possa "riuscire" a diventare forti e felici, o almeno provarci. A cominciare dalla storia straordinaria di Helen Keller, una bimba di sei anni sorda, cieca e muta. Il 6 marzo 1887 nel mondo di Helen fatto di tenebre e di silenzi, di gesti selvaggi e persi nel vuoto, penetra la luce dell'amicizia e della guida di Annie Sullivan, maestra ipovedente di soli venti anni. È l'inizio di una amicizia che durerà mezzo secolo e l'inizio di un miracolo. Quella bambina, grazie all'impegno costante di Annie, alla sua certezza di poter penetrare il buio fitto in cui vive Helen, impara ad esprimersi, a leggere e a scrivere, tanto che consegue una laurea, scrive articoli e tiene conferenze ovunque.