Se siamo onesti con noi stessi e discendiamo con verità nel nostro cuore, ci rendiamo conto che una “goccia del veleno” iniettato per la prima volta nel cuore dei nostri primogenitori è presente anche in noi. Ciascuno, infatti, sperimenta nella propria vita quanto siano vere le parole di un poeta pagano Ovidio: vedo il bene e lo approvo e poi faccio il male, fatte proprie anche dall’Apostolo Paolo nella lettera ai Romani (7.15ss). Questa esperienza ci porta a riconoscere che in noi è presente uno stato di ingiustizia congenita, che la Chiesa chiama appunto peccato originale.
La prima lettura della santa Messa dell’Immacolata Concezione, tratta dal libro della Genesi, ci racconta come è avvenuto che l’uomo e la donna hanno rifiutato di entrare nel progetto di Dio, di godere della sua amicizia. Essi sono stati ingannati dal diavolo e hanno vissuto in maniera sbagliata il dono della libertà. Il comando dato da Dio di non mangiare i frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male, esprimeva - e serviva a loro per ricordarlo - il limite invalicabile per un essere creato: non aspirare a godere di un’autonomia assoluta e accettare di dipendere dal Creatore, come la luce dal sole. In definitiva, il comandamento che Dio aveva dato ad Adamo ed Eva non era una limitazione, ma serviva a ricordare all’uomo e alla donna di non aspirare all’impossibile, a volere cioè diventare come Dio, non riconoscendo più la verità e la bontà della sua legge.
Il serpente, invece, suggerisce ad Adamo ed Eva che Dio forse potrebbe essere non del tutto buono. Avvelenati da questo sospetto cercano la loro felicità mettendosi contro Dio, fuggendo dalla Sua presenza perché vedono in Lui nemico della loro libertà. Satana insinua che l’ordine di Dio di non mangiare i frutti dell’albero, posto al centro del Paradiso terrestre, in realtà serve per conservare il suo potere sull’uomo anziché renderlo libero. Ci troviamo nel cuore del dramma umano: Che cosa significa essere veramente liberi? Quando siamo veramente liberi? Per Adamo ed Eva la libertà è consistita non nella possibilità di potere scegliere fra bene e male, ma nella pretesa di volere decidere ciò che è bene e ciò che è male. E così hanno abusato del dono della libertà. Alla volontà di Dio hanno opposto la loro volontà.
I nostri progenitori, con la loro disobbedienza, hanno posto il fondamento per la costruzione di una “Città dell’uomo” nel quale Dio non ha più spazio perché l’uomo vuole esserne l’unico costruttore, senza nessun altro fondamento, che non sia la sua libertà. Comincia, dunque, a delinearsi un universo nel quale la libertà è pensata senza Dio e contro Dio. Ma rifiutare l’obbedienza a Dio, che costituisce la verità intima della natura umana, significa per l’uomo perdere se stesso, cadere in una situazione di alienazione.
E, in effetti, la decisione di fare a meno di Dio, che è all’inizio del genere umano, è la causa di tutti i nostri mali e corrode l’essere umano nelle sue più intime relazioni. La prima parola che Dio rivolge all’uomo dopo il peccato è una domanda: “Dove sei?” Cioè: “Dove ti trovi dopo avere abbandonato Dio, il tuo Creatore?”. L’uomo risponde: “Mi trovo in una condizione di paura”: Ho udito il tuo passo nel guardino e ho avuto paura perché sono nudo. Dostoevskij nell’opera I Demoni fa dire a Kirillov che la perdita di Dio da parte dell’uomo non è la morte di Dio, ma la morte dell’uomo che si esprime nella paura. Paura di che cosa? Paura di Chi?
L’alterazione della relazione con Dio ha delle gravi conseguenze anche nel rapporto con se stessi perché l’originaria armonia in cui viveva la persona si è spezzata ed è venuta meno la sua unità interiore, la padronanza delle facoltà spirituali. L’uomo si sente diviso, insicuro, preoccupato, disperso, in preda delle sue passioni, in balia dei suoi stati d’animo, condizionato dalle sue emozioni…
L’alterazione della relazione con Dio produce ingiustizia anche nel rapporto fra l’uomo e la donna. Alla comunione originaria subentra la difficile coesistenza di due libertà spesso in contrasto tra di loro. Il rapporto sociale fondamentale, quello fra uomo e donna, si trasforma in un dominio dell’uno sull’altro. Quando l’uomo non sa più dov’è, egli accusa subito l’altra persona. L’umanità che è maschio/femmina chiamati alla comunione del dono, diventa l’umanità divisa nella contrapposizione: non c’è più l’essere - con- l’altro, ma l’essere - contro- l’altro.
Questo essere - contro - l’altro nel corso della storia dell’umanità - che sembra un continuo rifiuto di Dio - ha assunto modalità diverse. Oggi ha preso le sembianze della paura di una natura che anziché coltivata è stata stoltamente sfruttata al punto che ora sembra ribellarsi all’uomo; paura di una scienza e di una tecnica - segno straordinario della intelligenza umana - che prive di qualsiasi riferimenti morali ed etici corrono il rischio di devastare l’umanità nei suoi stessi fondamenti; paura di una gestione politica che aveva promesso al mondo giustizia, pace, rispetto della dignità della persona, libertà, una equa distribuzione dei beni del creato e che invece si trova incapace di escludere perfino la guerra come soluzione dei conflitti; paura delle giovani generazioni alle quali noi adulti non siamo più capaci di fare una ragionevole proposta di vita.
Ogni giorno abbiamo prove di come gli uomini non sopportano più la loro condizione umana. Senza Dio la vita diventa intollerabile, si trasforma in inferno, in una solitudine esistenziale devastante. A tanto degrado dell’umanità c’è una risposta? E’ possibile un rimedio? Dio come risponde?
Nel testo della Genesi, subito dopo il peccato originale, troviamo una promessa di Dio: Io porrò inimicizia fra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa. Queste parole sono state chiamate dalla Chiesa il “proto-vangelo”, il primo annuncio del vangelo, cioè di quella bella notizia che è capace di consolare il cuore dell’uomo. Proto-vangelo perché Dio creatore, proprio nel momento in cui la sua creazione è deturpata dalla disobbedienza dell’uomo e della donna, promette che il male ormai presente nel cuore umano sarà completamente sconfitto. E così la persona sarà completamente restituita alla sua dignità originaria.
Da dove nasce questa volontà salvifica di Dio? Dal fatto che Dio è Dio e non uomo. L’uomo è stato infedele al suo Creatore e ha rifiutato la sua condizione di creatura, ma Dio non può negare la sua Paternità e per questo non può arrendersi né rassegnarsi alla perdita di coloro che ama. E, pertanto, riprende la sua fatica di ri-costruire la sua opera per riportarla alla verità, alla bellezza, alla santità della sua prima origine. Per risanare la nostra umanità distrutta dal peccato, ha inviato suo Figlio in una carne come la nostra perché fossimo arricchiti con la ricchezza della sua divinità ed iniziare, così, una nuova umanità. La prima pietra sulla quale poggia questa nuova umanità è stato l’immacolato concepimento di Maria.
E così giungiamo al Vangelo della Messa che ci presenta l’Annunciazione. Dall’Angelo Maria viene salutata come “piena di grazia”. Cosa significano queste parole? Esse stanno a significare che la Vergine Maria, in tutto l’arco della sua vicenda umana, non è mai stata deturpata dal peccato. Essa è “immacolata”. Ma ancor più precisamente la Vergine al momento in cui veniva concepita - cioè nello stesso istante in cui entrava nel mondo - non è stata contaminata da quella “goccia di veleno” che chiamiamo peccato originale. A motivo del suo immacolato concepimento, in Maria si spezza la catena delle generazioni umane veicolo di ingiustizia e di peccato, ed entra nel mondo la grazia e la vita divina.
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Il singolare privilegio di cui gode la Vergine Maria - di essere stata concepita immacolata - le viene interamente da Cristo. E’ in Cristo e a causa di Cristo che il Padre l’ha scelta e benedetta con ogni benedizione spirituale, così come aveva fatto per Adamo ed Eva. In seguito a questa scelta, Maria non ha mai vissuto nessun istante della sua vita terrena fuori di Cristo: ella è stata sempre in Cristo. Nella Vergine Maria, dunque, noi vediamo perfettamente realizzata la chiamata di tutti a divenire figli di Dio in Cristo. In Lei, avviene la vera svolta nella nostra vicenda umana: entra nel mondo la persona umana come era stata pensata, voluta, amata nell’eternità da Dio: nella sua luminosa verità e bontà e nello splendore della sua santità.
Nel dialogo con l’Arcangelo Gabriele, la Vergine ha sentito la presenza e la potenza del mistero di Dio chiedere di entrare nella sua vita, di prendere possesso interamente della sua persona. Anche Eva aveva sentito la presenza di Dio vicina a sé, venuto a dialogare nell’amore con lei. Maria, però, a differenza di Eva, non si è ritirata, non si è nascosta, non ha avuto paura, non ha dubitato della bontà di Dio, si è fidata di Lui e liberamente ha donato il suo assenso al progetto di Dio sulla sua vita.
La risposta che la Vergine dà all’Angelo: “Eccomi avvenga di me quello che hai detto”, esprime la sua volontà di collocarsi liberamente nel progetto di Dio. E’ come se avesse detto: “Accada di me quello che il Signore ha disposto di me; quello che ha pensato e voluto per me quando mi ha creata”. Maria, a differenza di Eva, non rinnega con la propria libertà la verità del suo essere, che consiste nel dipendere da Dio, sorgente di ogni bene. Nel “sì” avviene l’incontro tra il progetto di Dio sulla sua persona e la libertà di Maria medesima. Pertanto, l’incarnazione del Figlio di Dio è pienamente opera di Dio e pienamente opera della volontà di Maria liberamente orientata.
Eva e Maria costituiscono due modi radicalmente opposti di pensare e di esercitare la propria libertà; propongono due esperienze contrarie di libertà con effetti totalmente diversi. I Padri della Chiesa hanno messo spesso in risalto questo confronto-contrasto fra Eva-Maria. Scrive, ad esempio, s. Ireneo: Come Eva fu sedotta dal discorso di un angelo, tanto da fuggire da Dio, trasgredendo la sua parola, anche Maria ricevette la buona novella dalle parole di un angelo, ma, obbedendo alla sua parola, generò Dio dentro di sé…la disobbedienza di una donna è riparata dall’obbedienza di un’altra donna (Contro le eresie V,19,1). La diversità essenziale fra Eva e Maria consiste nel fatto che la prima, Eva, ha prestato ascolto all’inganno; la seconda, Maria, ha prestato ascolto alla Parola di Dio. Nella prima ha avuto inizio l’anti-creazione, cioè la storia costruita dal peccato, conseguenza della volontà che rifiuta la verità contenuta nella parola di Dio. In Maria inizia la nuova creazione, cioè la storia costruita dalla fede, dall’amore e dalla speranza.
Alcune conclusioni
1 . La figura della Vergine Maria ci svela la preziosità della persona della donna. In Lei vergine e Madre risplende tutta la bellezza e il bene della femminilità. Poiché con il suo sì ha consentito, cioè reso possibile, alla Vita che è presso il Padre di venire ad abitare in mezzo a noi, Maria mostra in grado eminente ed in modo singolare che l’intima verità della donna e la sua missione è di custodire, salvare, generare - non solo in senso biologico – la vita della persona e non permettere mai che essa sia svilita nella sua sublime dignità.