Carpi , domenica, 2. febbraio, 2020 10:00 (ACI Stampa).
Nel Vangelo della IV domenica fra l’anno la Chiesa propone alla nostra riflessione le Beatitudini. Quando ci si trova a confrontarci con questo rivoluzionario discorso di Cristo si rischia di cadere in un equivoco, il più delle volte neppure avvertito. Si è portati ad interpretare questo fondamentale messaggio di Cristo soltanto dal punto di vista degli ascoltatori e non di Gesù. In altre parole ci si ferma alla domanda: Chi sono gli affamati e gli assetati di giustizia? Chi sono i poveri, i perseguitati, i miti…? e così via. Naturalmente, partendo da questi interrogativi ciò che diventa essenziale è analizzare il significato delle parole fame e sete, giustizia, sazietà, povertà, mitezza. In tale modo, si trascura Cristo che è l’unico punto da cui è realistico partire perché è solo Lui che rende proponibili le beatitudini e conferisce ad esse senso proprio ed esclusivo. Se ci si ferma alla domanda chi sono gli affamati e gli assetati di giustizia e così via ci si dimentica della persona stessa di Cristo. Non si tiene conto, cioè, del suo esserci e di ciò che viene a compimento con il dono della sua stessa Persona.
Le beatitudini si comprendono solo a partire da Cristo perchè parlano di Lui, svelano il suo volto, il suo stile di vita. Attraverso le beatitudini Cristo ci dice chi è Lui, ci dice che cosa ha da dire e da offrire al mondo. Le nove beatitudini sono nove lineamenti del volto di Gesù. In esse racconta la Sua vita, narra del cuore nuovo sognato dai profeti, dice che Lui è il povero, il mite, il pacifico, l’affamato di giustizia; è Lui che ha occhi così puri e limpidi da vedere tracce di Dio dovunque e segni di bontà dentro ogni peccatore. E quando Cristo è risorto, Egli è divenuto il Consolato che sa consolare ogni persona che soffre e sente il peso della vita.
Le beatitudini non sono solo una sintetica autobiografia di Cristo, ma costituiscono il cuore del messaggio di Gesù, la “Magna Carta” del Regno da Lui annunciato. Si tratta di un messaggio che il Signore rivolge non solo ai suoi discepoli, ma tutti gli uomini senza distinzione e nel quale ci rivela che il suo cuore e le sue cure sono rivolte in particolare agli umili e “poveri di spirito” (Mt 5.2), cioè a coloro che sperimentano la loro impotenza ed hanno imparato ad “attendere tutto da Dio”. Come i profeti dell’AT questi “poveri di spirito” e “umili” vivono con rettitudine e obbediscono alla legge di Dio. E poiché le loro relazioni con Dio e con i fratelli sono improntate alla giustizia e alle sue esigenze assolute, sono perseguitati (Mt 5.10-11).
Sebbene perseguitati, Gesù li dichiara beati. Il motivo della beatitudine non è la situazione attuale, ma la nuova condizione che i beati ricevono in dono da Dio: perché di essi è il regno dei cieli, perché saranno consolati, perché erediteranno la terra, e così via. Gesù usa il futuro passivo per indicare che le beatitudini “sono la strada per raggiungere la gioia”, “perché Dio per donarsi a noi, sceglie spesso delle strade impensabili, magari quelle dei nostri limiti, delle nostre lacrime, delle nostre sconfitte” (Papa Francesco, Udienza Generale, 29 gennaio 2020).